Intervista di Roberto Cipriani a Augusto Del Noce(19 gennaio 1981)

Domanda. Ecco, quindi, professore, dovendo un po’ cominciare a ricostruire la sua esistenza, credo ormai abbastanza lunga, data l’età, lei quanti anni ha adesso?

Risposta. Settantuno.

D. Settantuno. Dovremmo, se possibile, nei limiti, diciamo, dei ricordi, riandare un po’ alla sua prima formazione. Ecco, i suoi studi… Da che tipo di famiglia proviene?

R. Eh, famiglia borghese, mio padre era generale, famiglia borghese insomma[2].

D. Suo padre era generale. E sua madre?

R. Mia madre era una donna di casa[3].

D. Ecco, una donna di casa. Ma anche di famiglia di buona estrazione, sua madre?

R. Sì, sì, di famiglia di molto buona estrazione.

D. A Torino, vero?

R. A Torino. Sì, sì, insomma, lei era nata a Savona, ma di lingua era piemontese, insomma.

D. Ho capito. Ecco, mi descriva un po’ i primi anni, per quello che ricorda ovviamente.

R. I primi anni? Cioè gli anni dal ’28, da quando sono entrato all’università, fino al ’40, fino alla guerra.

D. Ecco, a me interesserebbe proprio anche la prima formazione, se le fosse possibile, anche la prima infanzia, perché credo che nello sviluppo possa aver avuto anche un’influenza di un certo tipo. Cioè, ecco, per esempio, lei all’asilo, alle elementari, che tipo di scuola ha frequentato?

R. Ho frequentato le scuole elementari pubbliche.

D. Pubbliche.

R. E poi il Liceo D’Azeglio a Torino.

D. Che era un liceo statale?

R. Statale.

D. Ho capito. Ecco, ma, per esempio, degli insegnanti… Lei all’asilo non è andato?

R. No

D. Non ricorda di essere andato all’asilo.

R. No, no.

D. Ecco. Per esempio, negli anni dell’infanzia, che tipo di rapporti esistevano nella vostra famiglia? Lei era figlio unico?

R. Figlio unico.

D. Ecco, i rapporti con suo padre, con sua madre…

R. [pausa]. Mah! Non hanno avuto una grande incidenza sulla mia formazione, ecco. Era una famiglia tranquillissima, rapporti ottimi, ma… non è che abbiano avuto un’incidenza particolare sulla formazione mia.

D. Ecco, per esempio, sia suo padre che sua madre erano credenti?

R. Mia madre sì.

D. Ah, sua madre sì!

R. Mio padre agnostico.

D. Ecco. Ma, per posizione personale o per tradizione anche familiare suo padre era agnostico?

R. Mah! Non so molto della famiglia di mio padre perché fu completamente distrutta nel terremoto di Messina.

D. Ah ecco! Quindi dell’8? ’908.

R. Sì, sì, perché lui era di origine toscana, ma però la famiglia è poi diventata… [incomprensibile]

D. Ah ecco.

R. Quindi non…

D. Quindi non sa molto.

R. Non so molto, ecco. La madre doveva essere religiosa, ma non so altro.

D. Non sa altro.

R. Però i fratelli di mio padre non erano religiosi. Due si salvarono ancora dal terremoto, i fratelli di mio padre si salvarono ancora dal terremoto ma non erano… non erano religiosi.

D. Ho capito. E invece da parte di sua madre, diciamo, c’era una tradizione religiosa?

R. Sì. Non tutti erano religiosi. Quella di mia madre era una vecchia famiglia piemontese, ecco.

D. Ecco.

R. Piemontese, una famiglia che aveva subito molto la scossa del Risorgimento. Quindi, le donne erano rimaste religiose, ecco, i maschi normalmente no.

D. Ecco, in che senso ha detto scossa del Risorgimento?

R. Beh! In una famiglia della Restaurazione…

D. Sì.

R. Una famiglia che aveva avuto… personaggi anche abbastanza notevoli, un mio trisavolo era Presidente del Consiglio di Stato, quindi famiglia che aveva avuto… cattolica della Restaurazione, avevano avuto la scossa del Risorgimento, insomma la scossa… la scossa della rottura fra Chiesa e Stato nel Risorgimento. D’altra parte, direi, in quegli anni, tra il 1860 e il ‘900, i maschi si erano allontanati normalmente dalla religione.

D. Ho capito. Senta, e soprattutto nei primi anni della sua infanzia i suoi rapporti con i genitori erano… Come li definirebbe?

R. Ottimi, ottimi.

D. Ottimi

R. Ottimi

D. Ecco, ad esempio… li potremmo definire questi genitori permissivi… prudenti? Ecco, ecco come potrebbe…?

R. Non troppo, non troppo permissivi. No.

D. Ecco.

R. Tutt’altro.

D. Quindi c’era un certo rigore?

R. Un certo rigore, sì. Poi, sa, io venivo da una famiglia in decadenza, ecco, perché mio padre fu inserito nella famiglia di mia madre, avendo perduto…

D. Certo.

R. E quindi era una famiglia che direi che era in decadenza se si può dire dal nov…, dalla metà dell’800 in poi.

D. E…, sì.

R. Direi, in certo senso, era una famiglia che guardava al passato, ecco, piuttosto che guardare al futuro, ecco [pausa]. Sa, quelle famiglie che non si erano mai risollevate in fondo dalla, dalla crisi del periodo risorgimentale [pausa]. Quindi, mancanza di iniziativa, mancanza di… [pausa lunga]. Mancanza di iniziativa. Quindi era soprattutto, direi, in un ricordo del passato.

D. E sul piano religioso vi erano, diciamo, delle diversità di opinioni che poi si esplicitavano anche in altri episodi fra suo padre e sua madre?

R. No.

D. Ora lei mi ha detto che l’una era religiosa l’altro era agnostico. Ecco, questo non costituiva…

R. No.

D. …motivo…?

R. No, in assoluto.

D. No. E c’era un’accettazione reciproca?

R. Sì, ma mio padre non era anticattolico.

D. Ah ecco.

R. Non era anticattolico. Era agnostico, appunto, agnostico, agnostico come in fondo una notevole parte degli ufficiali di quell’epoca, ecco. E, e… non era massone però.

D. No.

R. Non era massone, non era, non era affatto anticlericale, ecco. Morì poi bruscamente.

D. Sì, è morto poi, è morto… Quanti anni aveva lei quando è morto suo padre?

R. Quarant’anni.

D. Ah, aveva quarant’anni.

R. Trentanove.

D. Quindi, insomma, diciamo, quindi non l’ha perso quando lei era piccolo. E la mamma invece?

R. Mia mamma morì prima, quando io avevo trent’anni.

D. Ah ecco [pausa]. Quindi lei è sempre stato figlio unico, non è che abbia avuto altri fratelli o sorelle che siano poi deceduti.

R. [silenzio].

D. Senta, ma oltre suo padre e sua madre, in casa, ricorda qualche altra figura, qualche altro personaggio?

R. Soprattutto mia zia, la sorella di mia madre, che non era sposata.

D. Sì. Che viveva con voi?

R. No, no, non viveva con noi, ma però… viveva in un altro alloggio, ma insomma però sempre in contatto strettissimo con mia madre.

D. Ecco, perché la ricorda? C’è qualche…?

R. Beh! Direi, la vedevo ogni giorno, si può dire.

D. Era la sorella di sua madre, vero?

R. Sì, sì.

D. E anche questa era molto religiosa?

R. Sì.

D. Sì.

D. Lei la definirebbe, diciamo, una donna di chiesa, una che magari andava ogni giorno in chiesa, oppure…?

R. Non so se andasse proprio ogni giorno in chiesa, ma spessissimo.

D. Ecco.

R. Poi è arrivata una prozia, sì, prozia, che era religiosissima lei e che, in qualche modo, rappresentava un po’ la tradizione della famiglia, della famiglia originaria.

D. Ah ecco [pausa]. E lei è vissuto con suo padre e sua madre fino a quando?

R. E, praticamente fino a qua…, fino, praticamente, fino a che giunse la loro morte.

D. In casa con loro?

R. Sì, in casa con loro. Sì, in ca… Sì, sì, in casa con loro, sì. Beh, io vivevo un po’… Allora insegnavo a Mondovì e loro stavano a Torino, ma però tornavo tutte le settimane a…

D. A casa.

R. A casa [pausa]. Cioè fino al ’34 ho vissuto sempre in casa, poi dal ’34 in poi sono andato a insegnare.

[pausa].

D. Quindi lei prima delle elementari, diciamo, ha vissuto praticamente sempre in casa, non ha avuto…?

R. Sempre in casa.

D. Ma, per esempio, frequentava la parrocchia? Non so, c’erano delle associazioni anche…?

R. No. Non sono stato… sono stato poi negli anni dell’università iscritto alla FUCI[4] ma non ho frequentato molto, non ho partecipato molto.

D. Ma, per esempio, negli anni delle elementari, non so, lei potrà aver conosciuto qualche sacerdote o qualche religiosa… No?

R. Mah! Ho conosciuto abbastanza bene un prete, ma non è che abbia avuto molta influenza su di me.

D. Uhm, chi era questo prete? Me lo può un attimo descrivere?

R. Era un… In realtà, in realtà era un pre… Sì, era credente, senza dubbio, ma essenzialmente era un professore di latino e greco.

D. Ah ecco.

R. Direi che la sua passione erano il latino e il greco più che… più che l’interesse apostolico molto forte.

D. Ho capito. Questo già al liceo, diciamo?

R. No. Quello l’ho conosciuto perché era il mio vicino di casa, era al ginnasio.

D. Ah ecco. Non per averlo avuto come insegnante.

R. No, no, non l’ho mai avuto come insegnante.

D. Quindi, diciamo, negli anni della sua fanciullezza, quindi negli anni delle scuole elementari, lei non and…, non andava in chiesa, non…?

R. Andavo in chiesa.

D. Cioè, cioè praticamente la domenica per la messa? Non altro, non altre attività…?

R. No, no.

D. E, diciamo, il momento in cui la pratica religiosa è diventata più impegnata, più costante, quando, quando, quando è stato?

R. È stato nel periodo del liceo. Il ’25, ’28. Poi si è un poco allentata nel periodo universitario. Sono sempre stato praticante, ma, diciamo, praticante di domenica.

D. Ho capito. E questo anche successivamente?

R. Anche successivamente.

D. Cioè anche oggi.

R. Sì. Anche oggi.

D. Ho capito. Senza mai delle punte, diciamo, di pratica al di là del ritmo settimanale?

R. No, ecco [pausa], o quasi rarissimamente.

D. Ecco, dei suoi compagni delle scuole elementari ricorda qualcuno? Compagne anche.

R. No. Non ho avuto amicizie che mi siano rimaste…, rimaste ben ferme dopo, ricordo, sì, i nomi di qualcuno, ma non furono amicizie che rimasero ferme dalle scuole elementari.

D. Ecco, ma lei per esempio, nelle scuole elementari… si sentiva ed era un leader, oppure era un po’ un ragazzo che si accodava piuttosto agli altri?

R. Che si isolava.

D. Si isolava [pausa]. Quindi, diciamo, non era molto partecipe dei giochi degli altri e delle attività con gli altri?

R. No, no, anche perché ero negato a ginnastica, negato… e parecchio isolato. E poi appartenevo ad una famiglia, direi, appunto, che aveva un carattere, poi un suo carattere particolare, per quel che ho detto, ecco, di famiglia in decadenza. Mio padre aveva lasciato il servizio attivo poco dopo la prima guerra mondiale.

[pausa].

D. Quindi, diciamo, le occasioni di incontro con i ragazzi della sua età erano solo quelle della scuola?

R. Sì, solo quelle della scuola.

D. Oppure, qualche altra occasione quale poteva essere?

R. No, no, solo quelle della scuola.

D. E quindi, in pratica, passava da, da scuola a casa?

R. Da scuola a casa.

D. Non è che avevate dei cortili, non so, un oratorio?

R. No, niente, no. Scuola e casa, scuola casa.

D. E il tempo li…

R. Un tempo vissuto anche per, un tempo molto isolato.

D. E per il tempo libero?

R. Fantasticavo. Non avevo nessuna… Non praticavo nessuno sport, non praticavo.

D. Ma, per esempio, leggeva?

R. Leggevo, sì, sì.

D. Non andava al cinema? Non so, teatro, queste manifestazioni?

R. Sì, qualche volta.

D. Sempre con i suoi?

R. No, no.

D. Da solo?

R. Da solo.

D. Che cosa, che cosa le piaceva, cosa…?

R. [pausa]. Mah! Guardiamo… era l’epoca di, già, ecco, poeti che soprattutto mi colpirono erano D’Annunzio, Gozzano, del resto poeti dell’epoca, e poi un pochino la letteratura decadente.

D. Ma quindi, diciamo, le piaceva assistere a declamazioni poetiche?

R. No.

D. No. Allora, ecco, diciamo…

R. Leggevo.

D. Ah, leggeva. Ecco, ma, parlando di spettacoli, per esempio, lei aveva dei momenti in cui poi usciva per andare a cinema, a teatro?

R. Sì, qualche volta.

D. Ma, che tipo di pezzi le piacevano, che tipo di…?

R. Non ricordo.

D. Non ricorda, non ricorda i particolari [pausa]. Senta, e… da piccolo cosa pensava di fare, cosa immaginava, cosa progettava?

R. Vede, proprio per questo isolamento in cui mi trovavo, direi, ero così, un po’, direi, scardinato rispetto alla, alla vita corrente, ecco, e, e, e, tanto è vero che, in fondo, questa mancanza di iniziative, ecco, si ripercosse nel rimanere nella scuola anche dopo finito il periodo scolastico… e quindi fu per me, sotto certi rapporti, una decisione obbligata ad iscrivermi a Lettere e Filosofia [pausa]. Avevo, insomma, ero dominato proprio dalla, dalla situazione familiare, da una specie di paura della vita.

[pausa].

D. Perché la sua famiglia, diciamo, aveva sofferto abbastanza degli eventi?

R. Eh sì. Perché mio padre aveva avuto la sua famiglia distrutta e, e la famiglia di mia madre era una famiglia in decadenza, e quindi… una famiglia quindi… Sa, quando le famiglie sono in decadenza, è difficile potersi risollevare.

[pausa].

D. Ma, così, per quello che può ricordare… Come veniva un po’ presa questa situazione, cioè c’era rassegnazione? C’era desiderio di ripresa? A chi si attribuiva: era il fato? Era… volontà divina?

R. Un, un sogno di ripresa certo c’era. Ma, sogni che non avevano agganci poi con la realtà [pausa lunga]. Vi era stata una posizione così incerta, con sogni di ripresa, con sogni di ripresa, una, una specie di ostilità già allora per la realtà presente e, e d’altra parte una timidezza rispetto a questa realtà.

D. Ehm… Diciamo, questi caratteri l’hanno poi accompagnata nel corso della sua vita?

R. Sì, sì, sempre. Mi accompagnano ancora adesso.

[pausa]

D. Uhm… Alle elementari ha avuto sempre un solo insegnante oppure è cambiato negli anni?

R. No, ne ho avuti tre.

D. Ne ha avuti tre. Me li vuole un attimo così

R. Eh

D. Me li vuole un attimo ricordare?

R. Sa, la prima elementare la feci a Savona con una bravissima, cara insegnante. Non altrettanto potrei dire con simpatia per l’insegnante che ebbi poi in seconda e terza elementare. Nella quarta invece un signore più anziano quindi…

D. Quarta e quinta poi?

R. Quarta, quarta. Ho fatto solo fino alla quarta elementare.

D. Ah, ha fatto poi il salto della quinta, come…?

R. No, no, al massimo erano quattro gli anni.

D. Ah, erano quattro [pausa]. Ehm… Perché di quello della seconda e terza non ha un buon ricordo?

R. Mah! Non saprei, insomma, e… in fondo, questo carattere timido mio non le piaceva, ecco, e non mi… direi, piuttosto, era tesa un po’ a umiliare questo carattere, o almeno, sa, è difficile poter dire, poter dire, a distanza di tanti anni, sa, che dal ’17-’19, sa, riuscire a… tanto più che, diciamo, per me… è una specie di neutralizzazione della memoria. Non è che abbia molta memoria di anni che non furono molto felici, ecco.

D. Ecco. È importante quello che mi dice. Senta, ma lei a scuola naturalmente aveva un buon rendimento?

R. Beh, discreto.

D. E ciononostante, diciamo, questa insegnante…

R. Beh.

D. Non era molto tenera.

R. Beh, beh.

D. Nei suoi confronti.

R. Beh. Non è che avessi un gran rendimento nella seconda e terza elementare. In prima, sì, in prima mi… mi immedesimai con quell’insegnante e in qualche modo anche in quarta. Ma non, non… meno in seconda e in terza.

D. Ecco, perché, diciamo, quella della prima un po’ le riusciva maggiormente simpatica… riusciva meglio…?

R. Non so bene, era molto materna, ecco. Non so bene, non saprei adesso descrivere esattamente.

D. Ricorda qualche episodio particolare de…, della prima elementare?

R. No.

D. Niente. Qualche frase…?

R. Niente.

D. … dell’insegnante che…

R. Niente.

D. …sia rimasta impressa?

R. Niente.

D. E di quell’altra di seconda e terza?

R. Neppure.

D. Ecco, e questo di quarta, invece, aveva un po’ l’età dalla sua, insomma, no? Si present…, si presentava…

R. Eh, come un…

D. Come un vecchio sapiente.

R. Vecchio autorevole, sì, sì.

D. Sì, sì, sì.

[pausa].

D. C’era molta differenza di età fra lei e suo padre?

R. Sì. Mio padre era del ’64, quindi… e aveva quarantasei anni quando sono nato io, quasi quarantasei anni.

D. Quindi i suoi si sono sposati tardi?

R. Mia madre era, mia madre aveva, mia madre era del ’78, quindi aveva quattordici anni meno di mio padre.

D. Ma si erano conosciuti già da molto tempo, che lei sappia?

R. Non saprei, due o tre anni, credo.

D. Uhm, uhm.

R. Lì a Savona, mio padre era ufficiale a Savona [pausa]. Credo si siano conosciuti nel ’7 e si sono poi sposati nel ’9.

D. Suo padre e sua madre le parlavano un po’ di questo periodo del fidanzamento, della…

R. No.

D. …della loro vita presente prima della sua nascita?

R. No [pausa].

D. O le parlava…, sì?

R. Ho trovato poi le loro lettere… ma, dico, non ne parlavano affatto.

D. In queste lettere non ha trovato niente che l’abbia colpita, qualche…?

R. Erano le lettere solite dei fidanzati, insomma, non è che mi colpissero, o che mi abbiano colpito.

D. Ecco, ma la sua reazione quando ha trovato queste lettere…?

R. Beh, una reazione, che vuole?, affettuosa, ecco. Una reazione così, di tristezza, di ricordo del passato, ecco, ma non… [pausa]. Non è che fossero, oltre a questa tristezza e questo ricordo del passato, e a questo, questi affetti che naturalmente suscitavano posso dir altro, ecco.

D. Ma… leggendo queste lettere ha, per esempio, trovato qualcosa di nuovo, di diverso rispetto all’immagine che aveva di suo padre e sua madre?

R. [pausa]. Beh! Il carattere sentimentale di mio padre [pausa] che non supponevo.

[pausa].

D. Perché, lei come lo vedeva?

R. Ma lo vedevo come un tipo un po’ chiuso, ecco [pausa].

D. Mentre invece sembrava capace di una certa espansività?

R. Sì, nelle lettere, sì.

D. E da parte di sua madre, diciamo, nulla di nuovo?

R. Nulla di nuovo rispetto alle lettere, sì.

D. C’è qualche episodio particolare in queste lettere che lei…

R. No.

D. …rammenta, no?… Quando ha trovato queste lettere?

R. Sono una ventina d’anni fa.

D. Quindi, molto tempo dopo la loro morte?

R. Forse anche, anche più di vent’ anni, ecco, dopo la morte di mio padre.

[pausa].

D. Ha ereditato poi da suo padre e da sua madre lei direttamente?

R. Sì.

D. Diciamo… È un’eredità consistente o un…?

R. [pausa]. Un po’ ricavo, assieme ad una ca…, una casa di campagna.

D. Ma non avevano una casa propria a Torino?

R. Sì, un alloggio a Torino [pausa]. Però un piccolo alloggetto.

D. Cioè dove abitavano loro, in pratica?

R. Sì.

D. Ed erano un po’ praticamente al punto di partenza? Non erano riusciti ad acquisire altri beni?

R. No, no, tutto finito nei tarli… beni e cose della famiglia [pausa].

D. Non è che abbiano lasciato parte di questi beni per opere di beneficenza?

R. No.

D. No. Direttamente a lei tutto?

R. [silenzio].

D. Sia suo padre, sia sua madre hanno poi lasciato dei testamenti?

R. No.

D. No. Quindi è andato tutto per via legittima…?

R. Per via legittima.

D. …per così dire, senza… [pausa]. E suo padre e sua madre sono sepolti a Torino?

R. Sì.

D. Ehm, lei mi pare che in vacanza, poi, dove va? Non so, va su a Torino? Va…?

R. Savigliano.

D. Sì, dove c’è l’officina delle Ferrovie.

R. Sì, dove, dove ho questa casa.

[interruzione dovuta alla fine del lato A del nastro].

D. Dunque, mi stava dicendo che va a Savigliano, dove ha una casa, che è sua, non ereditata da…?

R. Ereditata, ereditata.

D. Che è questa casa di campagna di cui parlava prima?

R. Sì.

D. E ha questo terreno lì vicino?

R. Sì.

[pausa].

D. Dove in pratica lei andava anche con i suoi genitori?

R. Sì, sì, sì. Era allora molto triste perché mi trovavo completamente isolato, era, era una casa a 8 km dal paese e io [incomprensibile]. Allora non c’era luce elettrica, non c’era… acqua potabile, ecco.

D. Il terreno intorno che estensione ha più o meno?

R. Il terreno intorno sarà adesso… sono sessanta giornate… quindi, se andavi, corrispondono… dovrei fare il calcolo preciso degli ettari perché non…

D. Sì, certo.

R. … sarà 25 ettari.

D. Venticinque ettari. Che sono coltivabili tuttora?

R. Coltivabili, coltivabili.

D. A che cosa?

R. Eh… In gran parte, direi, ehm… mucche, bestiame, ecco, bestiame e parte a grano ma, ma sempre più interessa bestiame che grano.

D. Quindi, voi avrete dei contadini lì?

R. Contadini, sì, ma praticamente, praticamente, insomma, lei sa, cosa sono i fitti agrari adesso, insomma, non varrebbe nulla, ecco. Rende moltissimo ai contadini perché sono terre eccezionalmente buone, ma a noi non rende quasi nulla…

D. Ho capito. E la casa, invece, è, è abbastanza grande?

R. Sì, dodici stanze.

D. Ah ecco.

R. Dodici grandi stanze.

D. Che sono sempre riservate a voi per questo periodo…

R. Sì, sì, sì.

D. … delle vacanze? Lei preferibilmente ci va d’estate, naturalmente?

R. Sì, sì, vado d’estate.

D. È vero che…, si trattiene abbastanza a lungo, insomma, non è solo un mese?

R. Sì, sì, sì, no, no, perché mia moglie, poi soprattutto mio figlio[5], non è che mio figlio possa sempre, veramente, non ci può venire che di rado, perché va alla televisione, ma, ma sono innamorati proprio della casa e del giardino.

D. Quindi una casa, diciamo, ben tenuta?

R. Sì, sì. Eh. Per carità. Si può dire che mio figlio soprattutto cresce… Spendiamo tutto quel che abbiamo per, per farla finire. Naturalmente ha bisogno di continue riparazioni, come casa del ’700.

D. Ecco, quindi con suo padre e sua madre lei andava in questa casa di campagna. Ma andavate abbastanza spesso?

R. Anche mia zia. Sì, per l’estate.

D. Vi trattenevate a lungo?

R. Sì, sì, tutta l’estate.

D. Quindi tre, anche quattro mesi?

R. Due, tre mesi.

D. E costituivano un po’ una parentesi felice o…?

R. Mah! Per me triste, per me piuttosto triste, ecco, perché mi trovavo lì solo, in fondo, un luogo senza… Il periodo più felice era quello delle scuole, insomma, in cui almeno ritrovavo i miei compagni, ecco.

[pausa].

D. Ecco, quello che noto è che, mentre… mi pare… soffrire di questa solitudine, tant’è che mi dice in questo momento: cercavo dei compagni, in altri momenti, invece, mi è parso che lei fosse un po’ soddisfatto di questo vivere un po’ isolato.

R. No, non ero affatto soddisfatto, ero costretto all’isolamento.

D. Ecco, che è diverso indubbiamente.

R. Costretto all’isolamento per tante ragioni. Il carattere un po’ della mia famiglia, come dico, una famiglia quindi in decadenza, ecco, e che quindi non fosse… Quindi, non mi trovavo completamente a mio agio, ecco, con dei compagni che, invece, erano di famiglia in avanzato, o comunque, insomma, in accordo con i tempi.

[pausa].

D. Voi avete anche una tomba di famiglia, avete?

R. Sì.

D. A Savigliano o a…?

R. A Torino.

D. A Torino. Lei la visita poi, di solito?

R. Eh… Un po’ di rado.

D. Di rado.

R. Piuttosto di rado.

D. Cioè, neppure per novembre, per esempio?

R. Sa, sono stanco. Non vado, quindi, sarebbe molto triste per me.

D. Certo. Ma è una tomba solo dei suoi genitori oppure di una famiglia più estesa?

R. Della famiglia.

D. Quindi, della famiglia più estesa, diciamo?

R. Più estesa.

D. È quindi una tomba, diciamo, con molti loculi…?

R. Nonni, zii. Sì, sì, sì.

[pausa].

D. E questa casa di Savigliano praticamente è arredata così come lo era ai tempi…

R. Sì.

D. …della sua infanzia, insomma, sostanzialmente?

R. Sì, sì.

D. Ha mantenuto questo carattere?

R. Sì, sì.

D. E invece, la casa di Torino, dei, dei suoi?

R. Ah, casa di Torino dei miei è adesso… [sorride], questa casa, che non è un alloggio, era discreto ai tempi in cui è stato acquistato, nel 1929, ma adesso è un alloggio molto vecchio, ecco. Praticamente lo abbiamo ceduto, è sempre nostro, ma lo abbiamo ceduto alla, alla… a una che era nostra donna di servizio, ma non era che era poi membro, membro della famiglia, eccetera, adesso è diventata, si è sposata e sta lì con, lei e suo marito, ecco.

D. Quindi è in fitto, diciamo?

R. No, non è fitto, non paga l’affitto.

D. Quindi…

R. Non pagano l’affitto. Loro vengono ad aiutarci nei mesi che siamo a Savigliano.

D. Quindi c’è uno scambio di questo genere?

R. Sì, sì.

D. Ho capito. Mi ha detto: acquistata nel ’29. Perché, prima dove, dove eravate?

R. Sempre a Torino e in un’altra casa, su affitto.

D. Ah, ecco, in casa d’affitto. Perché i suoi, quando si sono sposati, non avevano una casa propria?

R. No, no. Io, del resto, anche qua siamo in casa di affitto.

D. E non avevano neppure quella di Savigliano, allora… quando si sono sposati i suoi?

R. No, ma l’hanno avuta poi subito dopo. Però, l’hanno avuta con partecipazione coi fratelli e con, con le sorelle di mia mamma che non erano sposate.

D. Anche il terreno?

R. Anche il terreno.

D. Quindi, diciamo, quando sono partiti praticamente non avevano quasi nulla?

R. Beh! Quando sono partiti avevano, avevano… Quando proprio si sono sposati…

D. Ecco, infatti.

D. C’era lo stipendio di mio padre, poi la dote di mia madre… una dote abbastanza buona perché lei era figlia di un… commerciante abbastanza prospero di Savona.

D. Un commerciante in che cosa?

R. In carbone.

D. In carbone.

[pausa].

D. Ma avevate anche una donna in casa fin dagli inizi, fin da quando si sono sposati i suoi?

R. Sì, sì, sempre avuta.

D. Una donna con il marito…?

R. No.

D. No. Poi si è sposata questa donna?

R. No, questa donna che…, che è quella donna di cui parlavo, è una donna che, che abbiamo avuto io e mia moglie.

D. Ah ecco.

R. No. Cioè una vecchia donna che rimase con noi, che rimase con la mia famiglia non so quanti anni: più di quarant’anni, morì nel ’42. Nel ’42, ’43.

D. Quindi avevate una donna che…

R. ‘44

D. …che era con voi in famiglia?

R. Sì, sì.

D. Sin da quando i suoi si sono sposati avevano questa donna?

R. No. Quella, però stava con la mia zia.

D. Poi è passata da voi?

R. No, no. È sempre stata con mia zia. Però, lei, negli anni, nel periodo estivo, mia zia stava con mia mamma e quindi…

D. Avevate questa donna…

R. Sì, sì, sì.

D. … che un po’ accudiva? Allora in pratica la sua zia non ha mai avuto una donna che aiutasse in casa?

R. Sì, aveva sempre avuto… ha sempre cambiato anche, anche varie donne, ecco.

D. Ma non ce ne è stata una che sia rimasta per un periodo più lungo?

R. No. Tre, quattro anni. Non di più.

D. Non di più.

R. E poi si sposavano.

D. E quindi andavano via. Lei non ricorda nessuna di queste donne in particolare?

R. Le ricordo, ma non è che…

D. Ecco, soprattutto nel periodo dell’infanzia?

R. Sì, sì, ricordo, ricordo. Una donna, sì. Ma non capisco, scusi, il senso di queste domande, ecco [sorride].

D. No.

R. Sono domande…

D. Ricostruiamo un po’, momento per momento, tutte le varie fasi dell’esistenza. Non so se ha colto. Noi ci sentiamo, per quanto… Mi rendo conto che è il momento più difficile perché si va più indietro nel tempo. Magari, a mano a mano che ci si avvicina all’oggi, è chiaro che poi il discorso diventa più accessibile.

R. Son cose che non hanno poi rapporto con la… con quella che può essere stata la mia vita di, diciamo, di intellettuale, così.

[pausa].

D. Suo padre era interessato al fatto culturale?

R. No.

D. Non leggeva, non…?

R. Scarsamente.

D. E sua madre?

R. Sì, leggeva, ma leggeva romanzi, ecco.

D. I giornali in casa sua non…?

R. Sì, i giornali… consueti: La Stampa di Torino.

D. Si comprava tutti i giorni oppure…?

R. Tutti i giorni.

D. Ecco.

R. Anzi, io ero molto lettore dei giornali.

D. Sì, sin da piccolo?

R. Sin da piccolo.

D. Cioè anche quando era alle elementari già cominciava a leggere?

R. Sì, a leggere i giornali.

D. E quali pagine di giornale in particolare leggeva?

R. Mah! Già allora le, le pagine politiche.

D. Pagine politiche. Ricorda qualche giornalista in particolare che… può averla…?

R. Mah! Bisogna risalire molto, molto più avanti, verso il ’25-’28, ecco, non so, Concetto Pettinato[6], tra i giornalisti di quell’epoca.

D. Era l’epoca di Frassati[7], se non sbaglio?

R. Frassati. No, Frassati… Frassati aveva lasciato dopo il fascismo.

D. Aveva lasciato.

[pausa].

D. Quale è stato il primo libro che ha letto in senso assoluto?

R. Non lo so.

D. Non se lo ricorda?

R. Forse Robinson Crusoe.

D. Ah, ah. E le piacque?

R. Sì. Ricordo che Robinson Crusoe mi piacque molto, meno Cuore, di De Amicis, meno.

D. Meno, nonostante l’ambiente torinese?

R. Mi piacque molto meno. Ho un ricordo vago di Pinocchio, che… non riuscii probabilmente a capire allora.

D. Perché non le piaceva Cuore?

R. [pausa]. Non so, adesso… non vorrei, non è che non mi piacesse, mi piaceva molto meno di Robinson Crusoe, ecco, ecco. Poi, naturalmente, come tutti i bambini, i libri di Sàlgari, Salgàri… sì, di Salgàri, avevano un grande fascino. Già allora più Salgàri di Verne, sebbene anche Verne mi piacesse [pausa]. Ricordo, nove anni in poi… fra i nove e i quattordici anni, nove, tredici, quattordici anni Salgàri, ecco. Salgàri è un autore che ha fatto, direi, conoscere Dante; interessa ai ragazzi dai nove ai quattordici anni e poi sparisce… quattordici-quindici anni… poi sparisce.

D. Lei poi fantasticava su queste storie?

R. Eh sì, questo sì.

D. Cioè, fantasticava a tavolino oppure, non so… inventava delle azioni, si muoveva?

R. [sorride]. Beh! Inventavo, ma cose praticamente non… non portavano a nessuna azione, ecco.

D. Cioè non è che per esempio indossava qualche abito…

R. No.

D. …qualche pezzo di legno che poteva… somigliare ad una spada o ad un…?

R. Beh! [sorride]. Qualche pezzo di legno, sì, pezzo di legno.

D. Non so, avevate una terrazza, un giardino a casa?

R. No.

D. Quindi, sempre dentro?

R. Sempre dentro.

D. A casa sua ascoltavano anche la radio?

R. Sì… ma negli anni però intorno al ’30, ecco.

D. Prima no, non l’avevate?

R. Ma forse era anche carina, ma non l’ascoltavamo molto.

D. Il grammofono si usava?

R. No.

[pausa].

D. Si davano mai feste a casa sua?

R. No.

D. Niente. E… per, non so, per il compleanno, per un onomastico, per…?

R. Si metteva una torta.

D. Solo voi della, cioè voi tre, quattro della famiglia?

R. Sì, sì.

D. Non venivano altri parenti?

R. No, no. Tre, quattro… No, no. Una famiglia molto schiva, molto solitaria.

D. E nelle grandi ricorrenze eravate sempre in pochi?

R. Sì.

D. Quindi Natale, Pasqua?

R. Eh beh! Venivano, appunto, i parenti di mia moglie, proprio i parenti stretti di mia madre, ecco, appunto, la sorella, i fratelli.

D. Per carnevale, per esempio, non c’erano feste?

R. No, no. Niente, niente. No, no, no. Sa, ho avuto un’adolescenza molto chiusa, triste [pausa]. E con un senso di inferiorità a quei tempi… di non riuscire a far nulla… anche perché fisicamente ero piuttosto delicato, e poi inadatto alla vita ginnastica e sportiva.

D. Quando erano le grandi feste, non so, per esempio, si andava, no, per la messa, no? Quindi andava sua madre solo, con lei? Suo padre non veniva. Come, ecco, cosa succedeva in quei momenti? Non dico tutte le domeniche, perché ovviamente devo pensare che forse suo padre non venisse a messa, però, ecco, alla Pasqua e al Natale…?

R. Non mi pare venisse.

D. No.

R. Non mi pare.

D. Restava a casa. Ma suo padre anche… era piuttosto solitario, viveva per conto suo o aveva degli amici, non so, un circolo?

R. Lui passava molta parte della giornata in un caffè di Torino con amici. Era già in pensione, insomma, avrà lasciato il servizio dopo la prima guerra mondiale.

D. Era rimasto ferito?

R. Ferito[8].

D. Quindi, andava presso questo caffè… stava con gli amici… che erano più o meno anche ex ufficiali?

R. Sì, probabilmente ex ufficiali… o ufficiali ancora in servizio o ex ufficiali.

D. Ma questi non venivano mai a casa?

R. No, mai.

D. Proprio.

R. Che mi ricordi non son mai venuti.

D. E sua madre aveva delle conoscenze, delle amicizie che frequentavano casa vostra?

R. Scarse. Qualcuna sì, ma non molte.

D. Eravate in una specie di condominio oppure la vostra casa era un…?

R. Era un condominio.

D. Era un condominio. Ecco, e all’interno del palazzo, per esempio, vi erano scambi?

R. No.

D. Quindi, nessuna famiglia in particolare trattavate?

R. No, no, no. Erano ancora conoscenze savonesi, ecco, conoscenze di veranda… di, di signore savonesi trasferite a Torino.

D. Che abitavano nello stesso palazzo, no?

R. No.

D. Fuori. Ecco, e in quello stesso palazzo lei non aveva amici o amiche con cui…?

R. No.

D. Niente. Però c’erano altri ragazzi indubbiamente?

R. No, no.

D. No.

R. No, no.

D. Quindi erano famiglie anziane in genere?

R. Famiglie anziane in genere.

D. Ecco.

[pausa lunga].

D. Lei alle elementari, mi ha detto che aveva un rendimento…?

R. Discreto.

D. Discreto, insomma. Non è che eccellesse in qualche materia particolare?

R. No.

D. No. Quindi andava bene sia in lettere che in matematica?

R. Alle elementari, sì.

D. Sì. E alla media, poi, alle scuole…?

R. Alla media poi… E soprattutto al liceo, invece, avevo scordato la matematica, per la fisica, per le scienze in generale.

D. Ho capito.

R. Mentre riuscivo bene nelle materie letterarie.

D. Alle medie ha avuto sempre un medesimo insegnante di lettere?

R. No, alle medie ho avuto, ho avuto due insegnanti, uno dei quali era poi diventato celebre, il latinista Rostagni[9], al secondo e terzo ginnasio.

[pausa].

D. E l’altro, invece?

R. Il primo era un prete.

D. Ah ecco.

R. Un bravo, bravo insegnante, bravo insegnante. Direi che… questo prete mi ha proprio tolto da un certo scoramento, ecco, e… E se avessi trovato un insegnante che avesse scoraggiato, non so cosa sarebbe successo, perché… proprio in relazione a questa situazione familiare, ecco, io direi al primo successo mi scoraggiavo.

D. Al primo successo?

R. Insuccesso.

D. Ah, insuccesso.

R. … insuccesso mi scoraggiavo completamente, il primo insuccesso. Ero praticamente negato. Quindi avevo questa scarsa tenacia… nel lavoro; è quella che mi ha accompagnato poi purtroppo tutta la vita. In fondo, questa mia vita, direi soprattutto trentacinque anni, ecco… soprattutto… cioè avrei potuto fare… [sospira] molto, molto di più, ecco. Eh! In realtà, ecco, sempre questa timidezza, situazione di scoraggiamento… e quindi… certe giornate vuote, ecco, proprio… preso da questo scoraggiamento.

D. Ecco, ma gli insuccessi di quella età erano soprattutto insuccessi nello studio?

R. No, ma insuccessi veri nello studio non li ho avuti. È, appunto, quello che ha permesso di… Mi sarei scoraggiato se ci fossero stati insuccessi nello studio.

D. E allora quali insuccessi?

R. Insuccessi nella struttura didattica.

D. Ah, ecco [pausa]. E invece questo sacerdote un po’ l’ha tirata su, ecco?

R. Mah! Mi ha tirato… in senso… cioè… nel latino riuscivo… e in questo senso mi ha un po’ galvanizzato.

D. Esatto. Questo sacerdote insegnava Lettere, in pratica?

R. Sì, sì.

D. … e quindi italiano e storia, eccetera?

R. Geografia.

D. Sì. E questo sacerdote era anche un pastore d’anime oppure era…?

R. No, non… Credo fosse, anzi, un ex salesiano uscito dall’or…, anzi era un ex salesiano uscito dall’ordine, dall’ordine salesiano restando prete.

D. Ah ecco. Quindi secolarizzato, diciamo?

R. No, secolarizzato, insomma… non so bene. È difficile, quando, quando è stato che l’ho conosciuto, io avevo dieci anni.

D. Però vestiva ancora da prete?

R. No, no, era prete, era prete. Era senz’altro prete, ma sì, sa, è difficile riuscire, a dieci anni, riuscire, a dieci anni, a capire se…

D. Sì, sì.

R. Però, così, l’aria non me l’aveva di un prete diciamo proprio apostolico, ecco.

D. Ma con questo sacerdote, diciamo, lei si incontrava anche al di fuori dell’orario scolastico?

R. No, no.

D. Diciamo, questo rapporto aveva luogo solo all’interno del momento didattico?

R. Solamente all’interno del momento didattico, nulla di più.

D. Quindi, aveva una predilezione per lei?

R. No, no. Nessuna predilezione: ero dei migliori allievi, ecco.

D. Quindi, si sentiva trattato bene da costui?

R. Sì, mi incontravo, ecco [pausa]. Questo in prima ginnasiale, devo risalire agli anni ’20-’21.

D. Ecco, ma la scuola, sempre riguardando un po’ questi anni della fanciullezza, insomma, delle elementari, della scuola media, eccetera, non avevate anche dei momenti particolari, non so, delle feste, delle premiazioni, delle gare, nulla di…?

R. No, no. A quell’epoca…

D. Proprio una vita… senza… mutamenti particolari?

R. Una regolarità scolastica senza mutamenti.

D. Non ricorda mai di, di aver marinato scuola, no?

R. No.

D. No, no. Episodi di un certo interesse che, che ancora ricorda delle elementari, della media, no?

R. No.

[pausa].

D. Ecco, poi ha avuto questo grosso studioso, no?

R. Sì… due anni. Bene… Ma… allora si occupava essenzialmente di farsi i titoli per la carriera, ecco [sorride]. Non è che potesse… Era sprecato proprio in un ginnasio inferiore, grande studioso Augusto Rostagni. Ne ho un ricordo eccellente… ma non è che lui proprio si prodigasse per la scuola. Faceva bene, faceva tutto, tutto ordinatamente, tutto bene, ma, insomma, la sua vita reale era al di fuori… Era naturale. E poi l’ho avuto ancora professore all’università.

D. Lì a Torino?

[pausa].

R. A Torino, sì.

D: Si ricordava di lei poi quando l’ha rivisto?

R. Sì, altro che!

D. Sì.

R. Niente, voleva che diventassi, in realtà non, io feci un errore da parte mia, che diventassi suo allievo, poi all’università, e invece, ho fatto male a dedicarmi a filosofia… anziché alla filologia classica… Non avrei potuto, filologia classica, fare… anche… è una carriera molto più calma, molto più senza, direi, quelle crisi nervose, a livello soggetti studiosi di filosofia.

D. Quindi ha un rimpianto per la filologia classica?

R. Eh, un rimpianto per filologia classica, e soprattutto poi per la storia medievale dove avevo trovato un altro professore che voleva assolutamente che studiassi storia medievale.

D. Chi era?

R. Giorgio Falco[10]. Grande medievalista.

D. Ma c’era qualche sezione particolare della storia medievale che… le poteva interessare?

R. No, non è che… Mi sarei dedicato a questa disciplina, ecco. Invece… rimasi, non so perché, in filosofia… Bah, lasciamo stare.

D. Quindi, rimpiange di più la filologia classica o di più la storia medievale?

R. E non saprei, perché non avendo scelto, non avendo… non essendomi dedicato né all’una, né all’altra… Credo, però, di rimpiangere più la storia medievale perché, direi, questo, con, con questo prof…, questo Falco m’avrebbe, questo Falco era un po’ più quadrato, in particolare.

D. Ho capito. Va bene, mi pare che… questo primo incontro sia stato…

R. Sì, io, io non riesco. Le confesso di non riuscire a capire, ecco… Io ero…

D. Beh, però…

R. Se lo sapevo, se lo sapevo mi sarei preparato bene.

D. No, ma…

R. Riandando, riandando un pochino…

D. Tanto avremo modo… Non finisce qui.

R. Questo periodo, questo periodo, così, della mia… della mia infanzia, della mia… della mia biografia, che, però, è un periodo in qualche modo rimosso e…

D. Sì, me ne sono accorto abbastanza. Però, ecco, mi pare che è emerso qualcosa di interessante su alcuni caratteri che poi sono rimasti.

R. Se, se avessi sa… [il lato B dell’audiocassetta si interrompe bruscamente a questo punto della conversazione].

Fuori registrazione, al termine dell’intervista:

R. Ho perso 35 anni. La mia non è stata una vita fortunata. Che cosa ho concluso?


[1] Augusto Del Noce è nato il 10 agosto del 1910 a Pistoia ed è morto il 30 dicembre 1989 a Roma. Nell’anno successivo alla sua nascita, la madre si trasferisce con il figlio a Savona e, nel 1915, allo scoppio della guerra mondiale, a Torino, presso una zia materna (si veda Nota biografica e al testo, in A. Del Noce, Verità e ragione nella storia. Antologia di scritti, a cura di Alberto Mina, Introduzione di Giuseppe Riconda, Rizzoli, Milano, 2007). Ha frequentato il ginnasio inferiore e successivamente il Liceo Massimo D’Azeglio, nella stessa classe di Leone Ginzburg. La sezione B era frequentata, tra gli altri, da Vittorio Foa, Norberto Bobbio, Cesare Pavese, Felice Balbo e Giulio Einaudi. Nel 1928 si è iscritto alla Facoltà di Lettere e Filosofia nell’Università di Torino, di cui facevano parte, nel corpo docente, Giorgio Falco, Umberto Segre e Adolfo Faggi, al quale richiede una tesi di laurea su Malebranche, discussa il 12 dicembre 1932. Altre notizie sulla sua biografia sono rinvenibili in Paolo Armellini, Le avventure della modernità in Augusto Del Noce, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2017, pp. 173 e sgg.

[2] Ubaldo Del Noce, nato a Messina, il 14 ottobre 1864 (Ruolo degli ufficiali generali del Regio Esercito, Ministero della Guerra, Gabinetto Uffici generali, Tipolitografia del Comando del corpo di Sua Maestà Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, 1934-35, p. 73), era Maggiore nel Regio esercito, Brigata Torino sul fronte dolomitico, 81o Reggimento di Fanteria di linea, I Battaglione (dal 24 maggio al 15 luglio 1915). Nel 1902, a Bari, riceve una medaglia di bronzo al valore militare per aver salvato tre militari dalla folla inferocita; e, nel 1916, si guadagna una Medaglia al valore militare sul monte Cimone (si vedano: https://www.frontedolomitico.it/Uomini/protagonisti/DelNoceUbaldo.htmlhttps://www.frontedolomitico.it/Uomini/truppe/torino.html)

[3] La madre di Augusto Del Noce è Rosalia Pratis, savonese, discendente da una nobile famiglia savoiarda (Paolo Armellini, Le avventure della modernità in Augusto Del Noce, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2017, p. 173).

[4] Federazione Universitaria Cattolica Italiana, fondata nel 1896.

[5] Fabrizio Del Noce (1948-), giornalista, deputato di Forza Italia e direttore di RAI 1.

[6] Concetto Pettinato (1886-1975), giornalista, inviato de La Stampa, di cui è stato anche direttore dal 1943 e durante il periodo della Repubblica di Salò (fu però anche critico di Mussolini e del fascismo, per cui venne deposto). Fu poi condannato a 14 anni di carcere per collaborazionismo. Dal 1957 cominciò a scrivere sul quotidiano Il Tempo.

[7] Alfredo Frassati è stato dapprima comproprietario del giornale piemontese, con Luigi Roux, e poi direttore dal 1900 al 1926. Fu lui a modificare il nome del quotidiano da La Gazzetta Piemontese a La Stampa l’anno successivo all’assunzione della co-direzione, ossia nel 1895.

[8] Il ferimento del padre di Augusto Del Noce potrebbe essere avvenuto a Alto Cordevole (Val Cadore), dove le truppe del Regio Esercito sono state di stanza tra il 24 maggio e il 31 dicembre 2015, durante la guerra italo-austriaca. Si veda in proposito la tabella che riporta il numero delle perdite e dei feriti al presente link: https://www.frontedolomitico.it/Uomini/truppe/torino.html. Ubaldo Del Noce dovrebbe trovarsi tra i cinque ufficiali dell’81o Reggimento rimasti feriti quell’anno. Per approfondimenti si veda pure Massimo Coltrinari, Giancarlo Ramaccia, Dizionario minimo della Grande Guerra. 1915. L’anno di passione. Dalla neutralità all’intervento, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2018. Inoltre, gli stralci provenienti dal fronte sono raccolti, in parte, nella pagina web: https://www.frontedolomitico.it/Storia/bollettini/boll_ita_1915.html.

[9] Augusto Rostagni (1892-1961), filologo classico, autore di una ben nota Storia della letteratura latina, docente nell’Università di Torino a partire dal 1928, dopo aver insegnato a Cagliari, Padova e Bologna. 

[10] Giorgio Falco (1888-1966), docente di Storia moderna nell’Università di Torino dal 1930 e dal 1933 di Storia medievale.