Intervista ad Augusto Del Noce (17 febbraio 1983)

Ore 15. 30-17. 30. Sono presenti Roberto Cipriani e Consuelo Corradi. Lo stesso Del Noce viene ad

aprire 1a porta di casa. Ci fa passare subito nel soggiorno, dove ci sediamo. Cipriani gli consegna la trascrizione dell’intervista precedente, specificando che si tratta di 28 pagine dattiloscritte. Del Noce si mostra stupito: “ma allora lei ha ampliato molto” dice. Poi offre una sigaretta e ne accende per sé. La conversazione inizia con Del Noce che chiede a Cipriani di che cosa si occupi attualmente. C’è un certo imbarazzo che Del Noce non riesce a celare. Poco dopo l’intervistando chiede anche a Corradi se sia una ricercatrice. Corradi risponde negativamente, aggiungendo però che si sta preparando al concorso per il dottorato di ricerca. Del Noce chiede spiegazioni al riguardo. Qui inizia la registrazione. Il registratore è collocato su un tavolino in mezzo a due divani: da una parte siede Del Noce, di fronte i due intervistatori.

Corradi. … sociale che comprende cinque grandi temi, sui quali verranno poi organizzati dei corsi ed è della durata di tre anni. E sarebbe una preparazione all’insegnamento universitario, la vecchia libera docenza intendo.

Cipriani. Sì, loro avranno questi tre anni di preparazione,  seguendo dei seminari. Possono anche fare un periodo all’estero, da sei mesi fino ad un anno.

Del Noce. (avvicina un accendino a Corradi).

Corradi: Grazie.       

Cipriani. E poi sosterranno una discussione con i docenti che li hanno seguiti. Al termine di questa discussione sarà preparato un giudizio con il quale si presenteranno al concorso nazionale.

Risposta. Ah, quindi il numero è limitato dei posti del dottorato.

Domanda. Sì, e al concorso nazionale possono presentarsi anche persone che non abbiano seguito il dottorato, quindi come fossero dei privatisti, per così dire. È la vecchia libera docenza. Ed in questa sede ci saranno le solite prove, per, per attribuire il titolo.

R. Ma che rapporto c’è fra dottora…, fra dottori di ricerca, dottorato di ricerca, ricercatori, professori associati.

D. Il dottore di ricerca dovrebbe con questo titolo partecipare ai concorsi di ricercatore, di   professore associato, di professore ordinario ed è presumibile con maggiori chances per il semplice fatto di avere questo titolo, come il vecchio libero docente doveva in qualche maniera… essere preso in buona considerazione.

R. Anche per ricercatore occorre?

D. E direi di sì.

R. Il dottorato.

D. Cioè, è sempre un titolo preferenziale rispetto ad altri. È un po’ come il Ph.D. americano.

R. Perché adesso i ricercatori sono pochis…, sono. Il numero dei ricercatori è pochissimo.

D. Beh, da noi addirittura il numero dei ricercatori soverchia quello dei docenti…

R. Sì.

D. …diciamo degli associati e degli ordinari.

R. Sì, quello sì, ma, ma adesso per i futuri ricercatori cosa c’è?

D. Ah, sì. I posti sono pochissimi, da noi appena tre per esempio.

R. Sì, sì… sì, sì [pausa]. Prima hanno, hanno acc…, hanno accolto tutti e adesso hanno messo questa, messo questa restrizione addirittura.

D. Ma lei ai suoi tempi se avesse potuto scegliere avrebbe scelto diversamente… partecipa… Cos’è? Mi pare che lei si interessi di filologia classica e di storia medievale, no?

R. Sì, ben avrei avuto questo interesse. Avrei fatto bene a prender quelle ma insomma… ho preso filosofia, eh.

D. Dunque lei… Mi pare che seguiva Rostagno?

R. Rostagni, sì, di filologia classica e Falco di storia medievale, ehm, erano… ma purtroppo non ho seguito né l’uno né l’altro.

D. Come mai si è trovato a filosofia, cioè c’era un docente in modo particolare che la invogliava?

R. No, mi sembrava di avere maggiore interesse per filosofia e poi… son rimasto.

D: Dunque lei ha cominciato a insegnare a Mondovì, mi pare, no?

R. Ad Assisi.

D. Ad Assisi.

R. Ad Assisi, poi son passato a Mondovì, poi a Torino, poi a Trieste… e a Roma [lunga pausa].

D. Le sue prime comunicazioni su quali argomenti erano?

R. Ah, mi interessavo allora della filosofia religiosa nel cartesianismo del Seicento. Le mie prime, le mie prime sono su Malebranche, proprio come interprete religioso del cartesianismo, ma risalgono addirittura al ’34, ’37, ’38, insomma… Dopo un po’ lasciato e ripresi… ripresi nel sess…, ripresi nel ’60 e nel ’65 feci un libro, che restò primo volume e resterà primo volume proprio su Riforma cattolica, Riforma cattolica e [pausa] l’influenza della Riforma cattolica sulla filosofia. Restò primo volume, che era su Cartesio, poi neanche su tutto Cartesio. Quindi avrei dovuto, doveva essere in tre volumi e invece… lasciai perdere, insomma. Ho frammenti dei volumi successivi. Non so poi se pubblicherò poi questi frammenti. Ecco non lo so neanche. Dovrei un po’ aggiornarmi, perché praticamente… vero?, e quindi non lo so, ecco… Potrebbe anche darsi, ecco, che… e così… Lei è associato?

D. Sì.

R. Ah, benissimo… Quan…, quanti sono in Sociologia lì alla…

D. Eh?

R. …alla Facoltà di Magistero.

D.  Da noi siamo 36.

R. 36 professori…, cioè compresi i ricercatori?

D. No, i ricercatori sono 42.

R. 36! Adesso è separata la Facoltà di Magistero?

D. No, siamo diversi corsi di laurea: Sociologia, Psicologia, Materie Letterarie, Lingue, Pedagogia. R. [interrompe] Quindi 36 di sola Sociologia?

D. Di sola Sociologia.

R. Ordinari quanti?

D. Ordinari 12 [pausa].

R. E c’è sempre Ferrarotti?

D. Sì.

R. E poi [pausa] 12 ordinari di Sociologia, chi sono? Ferrarotti…

D. Dunque, Ferrarotti, Statera, Martinelli, Pagliano. C’è Cerroni che fa Scienza della politica.

R. Sì.

D. Ma è nel nostro corso di laurea. E poi Ancona che fa anche Sociologia, poi Izzo che fa Storia della sociologia, poi… e dunque… Accornero Sociologia industriale, De Masi Sociologia del lavoro.

R. Ecco.

D. Beh, insomma

R. Sì… De Rita non è?

D. No, no, De Rita è solo al Censis.

R. È?

D. Solo al Censis, non… non ha impegni accademici.

R. Ah.

D. No, no [pausa]. Ecco, ma questo interesse per la interpretazione religiosa di Cartesio le derivava da qualche corso universitario, da qualche…

R. [interrompe] No, no, era il problema del…, generale, della storia della filosofia moderna, ecco. E dato che allora, allora si parlava dell’inizio cartesiano della filosofia moderna, quindi tutti i problemi connessi alle interpretazioni o religiose o scientistiche o idealistiche di Cartesio. Del resto Cartesio era un autore abbastanza di moda negli anni ’30. Ma adesso è sparito, sparito, insomma. Esiste sempre come classico ma non ha più, non ha più quella, non suscita più quell’interesse… e poi di storia in generale, di storia della filosofia francese allora, ecco. Ma insomma sono passati molti anni. Dal ’65 non ho più… Adesso vorrei forse sistemare un po’ queste cose, ma chissà. Insomma non so neanche se avrò ancora il tempo di sistemarle. Comunque mi sono occupato di storia contemporanea, di rapporto…, dell’aspetto etico-politico della storia contemporanea. E direi che dopo il ’65 mi sono occupato praticamente solo di questo. Più che volumi, tanti articoli e, e adesso… E lei di che cosa si occupa?

D. Ma io, formalmente, di Sociologia della conoscenza. Però gli interessi sono, sono vari, ecco. Dalla Sociologia della religione, la Sociologia degli intellettuali…, problemi di metodologia, quindi, ecco, storie di vita, sociologia della vita quotidiana. Questi sono i miei campi di studio.

R. E adesso. . . fra i sociologi, adesso, chi è… Acquaviva, Alberoni?

D. [interrompe] Sì, questi sono gli esponenti di punta.

R. Ho visto che, che Ferrarotti è instancabile. Quanti libri pubblica all’anno?

D. Eh, insomma lavora abbastanza.

R. Eh?

D. Lavora abbastanza.

R. Sì, sì, ha fatto un libro Teologia per atei.

D. Sì, sì.

R. Che roba è?

D. Dunque è un libro che ha pubblicato per Laterza e… sono messi insieme contributi presentati in occasioni differenziate. Però c’è una certa logica nel volume. Ecco, devo dire, per esempio c’è un bel saggio su Lutero, che credo derivi un po’ dalla sua conferenza tenuta alla Facoltà Teologica Valdese… e poi insomma ci sono altri pezzi. Un altro è, in parte rielaborato, quello che aveva preparato per quel convegno sull’ateismo, si ricorda?, a Propaganda Fide, no?

R. Sì.

D. Ecco, il discorso sulla teologia naturale e poi insomma c’è sempre questo suo interesse sul problema religioso che data da lungo tempo [pausa]. Ecco, ma come mai proprio dal ’65 lei ha cominciato ad interessarsi di questo? Perché?

R. [interrompe] Me ne sono sempre interessato, veramente, veramente fin dalla gioven…, dalla giovinezza si può dire, anzi prevalentemente interessato di questo più che di filosofia pura. Nella mia gioventù io sono stato amico di Capitini.

D. [interrompe] Ah, ecco.

R. Con tutti, più o meno di tutti gli antifascisti di allora. Gli antifascisti, non quelli fuoriusciti ma quelli interni, che erano in pochi. Eh, dunque, c’era Moraso. Sono stato amico, poi l’ho perso, di Bobbio stesso…, di…

D. Eh, beh, l’ambiente di Torino.

R. L’ambiente di Torino, l’ambiente di Pisa. Eh, quindi mi sono sempre interessato. Poi mi sono e ho continuato a interessarmene anche nel ’50, ’60, soprattutto dei rapporti tra filosofia e politica, filosofia e storia contemporanea, ecco. E insomma del momento etico-politico, filosofico della storia contemporanea, ecco. Quello è stato, direi, il mio interesse, interesse prevalente quasi di tutta la vita, ecco. Talmente che ho praticamente… Mentre l’interesse invece per la filosofia del Seicento era piuttosto interesse accademico, anche se forse ho fatto male nel trascurarlo. Ma, sa?, tante cose si trascurano, ecco [lunga pausa]. E adesso lei tiene un corso, lei?

D. Sì.

R. Tiene un corso.

D. Dunque quest’anno sto facendo un corso sulla legittimazione.

R. Sulla?

D. Legittimazione.     

R. Cioè?        

D. Il processo di legittimazione a livello politico, a livello religioso.

R. Il problema della legittimità.

D. Il potere, pretesa di legittimazione.

R. E non c’è mica neanche molto.

D. Ma infatti, ma infatti.

R. Infatti, perché?

D. Ha perfettamente ragione.

R. Sì, perché… a parte, non so, Ferrero…

D: [interrompe] Sì, d’accordo.

R. Almeno in Italia non mi pare che ci sia niente.

D. No, in Italia direi proprio [ride] il terreno è vergine [ride].

R. E dove? In America?

D. Sì in America sicuramente. In Germania soprattutto.

R. In Germania.

D. Sì, infatti stiamo prevedendo di organizzare un congresso alla fine di ottobre e verrebbero Luhmann, che vedo domani a L’Aquila, dove c’è un convegno su “Ordine e Disordine”, Habermas. E poi dovrebbero venire anche degli studiosi francesi e proprio ieri sera mi dava conferma Merton che riesce a venire… dalla Columbia University [pausa]. Sì, in effetti è, è un concetto molto utilizzato ma che non è stato mai affrontato in modo congiunto e monografico, ecco [pausa].

R. Sì, perché… Ah, Luhmann.

D. Sì, c’è stata tutta una diatriba fra lui e Habermas su questo discorso [lunga pausa].

R. Quindi lei prepara un libro, qualcosa?

D. Sì, infatti stiamo preparando anche un lavoro su questo. Dico stiamo perché insieme con altri. Ci siamo un po’divisi i compiti [pausa].

R. Dal punto di vista giuridico ci sarà parecchio.

D. E uno dei, dei co-autori è un sociologo del diritto infatti.

R. E poi ci sarà… quei, quei lavori dei giuristi puri non hanno, credo, grande interesse.

D. Ecco, se sono giuristi un minimo attenti ai discorsi interdisciplinari, beh, la cosa risulta interessante.

R. Ma di giuristi che si sono occupati di questo?

D. Ma io, beh, giuristi proprio puri non direi, ma uno per esempio che val la pena di seguire è Alessandro Baratta. Non so se lei lo conosce.

R. Ah, sì.

D. Sì, sì.

R. Un professore di filosofia del diritto.

D. Sì, sì, sì.

R. E adesso ha lasciato anche Bologna. Lui era ordinario a Bologna e insegna in Germania, credo a Bielefeld, o a Saarbrücken. Adesso non ricordo bene, forse Saarbrücken.

R. Ma sono pochissimi.

D. Pochissimi, sì, sì.

R. Però anche lui non è un giurista puro, ma di filosofia del diritto.

D. Sì, ma infatti, ecco perché dico.

R. I costituzionalisti dovrebbero.

D. Non direi, non direi.

R. La pongono già come un dato [pausa].

D. Lei nel ’68 dov’era?

R. Trieste.

D. A Trieste. Come, come l’ha vissuto, ci sono stati problemi?

R. No.

D. No.

R. [incomprensibile] A Trieste non era particolarmente viva la contestazione. Ma devo dire che io non ebbi nessuna noia, assolutamente nessuna. Ma non fu, a Trieste non ci fu grande…  no, anzi devo dire che con me furono molto, molto gentili veramente [ride]. Non ebbi proprio, non fui minimamente contestato. Fu assolutamente tranquillo insomma [pausa].

D. Altri colleghi?

R. No. A Trieste, non mi pare che Trieste… Ci sarà stato qualcosa. Ma insomma, io insegnavo a Magistero allora. Non mi pare che ci sia stato… Forse a Lettere qualcosa, ma a Magistero non fu quasi avvertito. Praticamente niente. Beh, l’occupazione ma niente, niente di più. Non ci furono né insulti gravi, né disordini gravi [pausa] [incomprensibile].

D. Il suo giudizio su questo… mitico ’68?

R. Mah, certo meriterebbe essere studiato, ecco. Ma, cosa vuole?, fu, praticamente ebbe l’esito assolutamente opposto a quello che i contestatori si proponevano, ecco. Vale a dire…

D. [interrompe, ma poi lascia finire] Questo.

R. Mentre i contestatori si proponevano questa forma, questa lotta contro la società tecnocratica, di fatto rimossero tutti gli ostacoli che la società tecnocratica poteva incontrare. Quindi il suo esito fu completamente… Quanto alle radici della contestazione, in certo senso, vero, effettivamente dopo il ’45 l’università s’era chiusa in un accademismo veramente, proprio come se nulla fosse. Quindi c’era proprio un dualismo fra cultura accademica e realtà, cultura, ehm, aderente alla realtà. E quindi, e quindi in un certo senso lo scontro è largamente spiegabile, ecco, spiegabile. Però, ecco, se di tutto quello che i contestatori affermavano contro la società tecnocratica, eccetera, non è rimasto proprio assolutamente nulla. Quindi, eh, e anzi sono addirittura scomparsi quei personaggi che eran diventati i pensatori ufficiali della contestazione, molto della Scuola, della stessa Scuola di Francoforte, parlo di Adorno, Horkheimer, eccetera, scomparsi. Non parliamo Marcuse, scomparso assolutamente, ma riaffiorerà come oggetto di tesi di laurea, ecco. Ritornerà proprio sotto l’aspetto accademico, ma come pensatori insomma… Lo stesso, Habermas. Ma quello è un libero dalla Scuola di Francoforte. Da cinque o sei anni non se ne sente più parlare. Horkheimer scomparso completamente, quindi… Certo che meriterebbe di essere studiato a fondo questo fenomeno, perché lo stato di disagio che portava alla contestazione non è scomparso. Ma stranamente… e direi che è rimasto soltanto quello che non era della contestazione un aspetto accidentale non affatto primario, e cioè la rivoluzione sessuale. Quella è rimasta, ma quella non era l’aspetto essenziale della contestazione. Le frange terroristiche, ehm, così [pausa] bisognerebbe vedere anche, perché insomma in qualche modo si potrebbe dire che la contestazione ha talmente fatto il gioco della nuova borghesia, cioè della borghesia che si rinnovava rispetto alla borghesia vecchia, legata ancora alle idee tradizionali. E questa ruppe. Però rispetto a questa nuova borghesia fu l’introduzione al successo della nuova borghesia. Si risolse in questo [pausa]. E dunque gli aspetti rivoluzionari della contestazione andarono esaurendosi. Ormai non ce n’è più neanche traccia. Gli aspetti terroristici, sì, hanno una radice nella contestazione, però insomma non più di una radice, sono marginali rispetto alla contestazione. Quindi ha indubbiamente prodotto molto, nel senso che ha, che ha non dico creato ma insomma permesso un mondo diverso da quello precedente. Però insomma, però questo mondo è del tutto diverso da quello che, direi, i contestatori… D’altra parte, di questi contestatori s’è perduto perfino il nome, non so chi c’era. [incomprensibile] è scomparso. Cosa fa? Il sociologo? Bobbio figlio, junior, scomparso. Viale, scomparso. Toni Negri ha fatto la fine, insomma. Ehm, vabbè [lunga pausa], quindi quelli che erano, avevano acquisito un certo nome nella contestazione non c’è più neanche il ricordo. [pausa] Non saprei proprio a quale nome sia legata adesso la contestazione come, come [pausa].

D. E allora come mai questa contestazione non ha avuto gli esiti che ci si aspettava?

R. Mah, evidentemente, c’era, c’era una debolezza di idee. È probabile, ecco, in, in, negli, negli stessi, in Marcuse soprattutto, perché poi si può dire che Adorno…, Horkheimer era fuori dalla contestazione, Adorno era, così, il mostro sacro, ma insomma non è che abbia proprio… Sarebbe stato Marcuse che però è, è scomparso. Ecco, dove si può ancora rintracciare una certa traccia della contestazione: sarebbe nel movimento di Comunione e Liberazione, perché a questa contestazione parteciparono. Si veniva alla contestazione da tutte le parti, ecco, tutte. Dunque da parte comunista, da parte, da parte radicale, eccetera, eccetera, da tutte le parti possibili. Ora l’unico movimento in cui anco… è in contestazione, per modo di dire, ma in cui ancora si sentono le origini contestative è proprio il movimento cattolico di Comunione e Liberazione, perché altri movimenti, non so, alcuni sono stati riassorbiti dal Partito Comunista, ma il Partito Comunista, di fatto, non è che muova la contestazione. Gli stessi nodi, non so, gli stessi nodi dei teorici comunisti, Gramsci eccetera, erano praticamente ignorati dalla contestazione. Non si può dire che la contestazione si sia ispirata a Gramsci. Dopo c’è stato un recupero, direi, un recupero della contestazione su temi gramsciani, ma che non ebbe un grande esito. Dunque poi, dunque rispetto alla, rispetto a [pausa] direi che chi se n’è avvantaggiato sono i sociologi. E in qualche modo la cultura sociologica, dal punto di vista culturale, la sociologia che stentava ad affermarsi in Italia, perché ci accorgiamo che fino al ’60 non c’era un sociologo, credo che non ci fosse una sola cattedra di sociologia, mentre c’è una diffusione estrema delle ricerche, della cultura, delle ricerche sociologiche dopo il ’70. Diremo un passaggio dalla cultura di tipo filosofico a quella di tipo sociologico. Questa è stata. Sociologico, psicologico. Quello è stato uno dei risultati della contestazione. Per il resto cosa… I partiti sono rimasti immutati. La contestazione non ha dato origine a partiti. I piccoli gruppi sono stati presto travolti. Non c’è in Italia una rivista che, che si ispira alla contestazione. Non mi pare che i Quaderni Piacentini…  Continuano ad uscire?

D. Sì, ma non hanno più…

R. Ma molto frammentariamente anche. Quando escono?

D. Ma insomma… non sono più i vecchi Quaderni Piacentini, via.

R. Sì, chi è che dirige adesso?

D. Adesso non so esattamente, non seguo da vicino la cosa.

R. Io non li ho mai più visti, non so. Ma comunque non hanno più circolazione. Delle altre riviste sorte nell’atmosfera della contestazione non so cosa ci sia [pausa]. Mi pare che [lunga pausa] neanche, diremmo, quei personaggi che [incomprensibile] sulla cresta dell’onda, come Cacciari, non mi pare dicano…

D. Beh, Cacciari ancora dice qualcosa, eh?

R. Eh?

D. Cacciari ancora.

R. [interrompe] Nella contestazione, beh, è bravo Cacciari.

D. Una persona intelligente.

R. Molto serio, sì, sì, senz’altro. Ma dico: però non credo che venga dalla contestazione. Non lo so quali siano le sue origini. Sì allievo di Toni Negri, ma non credo…

D. [interrompe] Sì, sì.

R. Non era.

D. Abbastanza diverso.

R. Non era un personaggio fra i più noti all’epoca della contestazione.

D. Certo.

R. Quindi non ha, non so se abbia partecipato, non so, non mi risulta proprio. Cacciari, ma a partire da…, Cacciari si afferma, viene conosciuto nel ’75, ’76, dopo il ’75 comunque, quindi in un mondo già al di fuori della contestazione. Quindi tracce culturali rilevanti della contestazione non mi pare di poter, di poterle vedere [lunga pausa], ma neppure i sintomi, insomma, che per esempio potevano esserci verso il ’74, ’75 e anche il ’76, ’77.

D. Il ’77 è stato un momento di, di ritorno di fiamma, no?

R. Di ritorno di fiamma però molto diverso…

D. [voce sovrapposta] Certo.

R. …da quello, da quello del ’68 e rapidamente spento, ecco [pausa]. Oggi non…, appunto, il ’68 sarebbe da studiare, proprio questo sarebbe, perché poi non è tanto anche facile rintracciare i tanti documenti. E neppure c’è una memoria interiore di quel che è stata la contestazione, anche se d’altra parte ha segnato indubbiamente una svolta, perché i giovani di oggi sono diversi da quelli precedenti il ’68, diversi proprio per, per quella [pausa]. Però non, non è che sia e neanche, non so, intellettuali fortemente influenzati da Franco Fortini forse, ma più o meno è scomparso. Adesso non, non è che se ne sente più parlare.

D. Poi c’è il caso Colletti.

R. Colletti [incomprensibile].            

D. Sì, dico, c’è il caso, ho detto pro…, il caso Colletti.

R. Colletti era stato insomma, in qualche modo, ehm, cercato dai contestatori, ma lui, per essere giusti, nel ’68 era già decisamente contro Marcuse e contro, direi, l’intera Scuola di Francoforte, contro, contro, direi, contro la contestazione. E ha sempre, è sempre, ha sempre insistito in questa posizione, ecco, insomma la posizione, diciamo, anti, grosso modo si può dire antirivoluzionaria, ecco, contro il comunismo rivoluzionario. Stranamente era stato confuso dai contestatori come uno dei loro e chiamato a essere, però lui    rifiutò di essere [pausa]. E poi neanche, neanche i comunisti in fondo non si può dire che siano stati legati. Chi si è legato alla contestazione, parzialmente, il Manifesto, il gruppo de Il Manifesto, ma molto parzialmente. O qualcuno dei contestatori approdò poi a Il Manifesto. Ma il comunismo ufficiale, certamente non Berlinguer, ma neanche Ingrao, ecco, mai si mossero. Cercarono magari forse di deviare la contestazione a loro vantaggio. Infatti per esempio a Padova chi è che si è mosso contro Toni Negri? Il Partito Comunista. Quindi non, non direi proprio. Non direi proprio che, che la contestazio…, che [pausa], mah.

D. Allora questi intellettuali? Che ruolo hanno avuto più o meno in questi anni a cavallo fra il ’68 e il ’77 e anche ai giorni nostri?

R. Mah, francamente, siccome 1a contestazione ha avuto l’esito opposto a quello che si vole…, che si sarebbe pensato, l’intellettuale, l’intellettuale si è sempre più rifugiato nello specialismo, proprio in antitesi con quella che poteva essere la funzione del… Ormai abbiamo intellettuali specialisti e studenti specialisti. Il risultato è stato di determinare le condizioni per un accademismo che, sia pure di tipo nuovo, ma comunque accademismo. E mi pare si possa, si possa uscire da questo [pausa].

D. Poi c’era tutta la serie di slogans, no? “Tutto è politico”. Poi questo slogan è stato riveduto. 

R. Ah sì, ah sì nel senso che mai c’è stato tanto disinteresse per la politica come oggi. Del resto non è che la politica di oggi meriti interesse, questo è vero, ma il disinteresse. Mettere quello della contestazione, perché anche nelle origini, perché non si imparenta affatto né con l’antifascismo, né con la Resistenza, né,       anzi immediatamente rompe con l’antifascismo, con la Resistenza. Quindi non è… Molto curioso. Meriterebbe proprio di essere studiato perché va tratteggiando…, dopo il ’60, finché esplode nel ’68, esplode nel ’68. Ma le ragioni dell’esplosione, occupazione [incomprensibile]. A un certo punto si impadronisce di un libretto di Marcuse, L’uomo, ormai dimenticato, L’uomo a una dimensione e questo diventa un po’ la…. Poi si confondono le acque con quelle, che però sono distinte dalla contestazione, della rivoluzione sessuale, che andava procedendo dal ’60 in poi. Questa assorbe la contestazione, però è un fatto che è in sé diverso dalla contestazione, di origine in sé diversa, anche se Marcuse li unisce. Né direi che è proprio di tutti i contestatori. Per esempio non, adesso non ho dati precisi, ma non credo affatto che un Toni Negri, ehm, ehm, contestazione e rivoluzione sessuale fossero unite. Non ho idea ecco, non lo so, non lo so ma tenderei a escluderlo [pausa], mah, [pausa]. Ma certamente insomma non è che oggi… Ma sull’oggi poi è molto difficile poter dare qualche giudizio, perché [pausa]. Lei conosce qualche libro di critica della democrazia? Recente?

D. Mah, insomma delle cose ci sono.

R. Per esempio?         

D. C’è Dahrendorf, l’ultima cosa di…         

R. Eh?

D. L’ultima cosa di Dahrendorf, questo libretto, se non sbaglio è di Laterza, mi pare.

R. [insieme] Di Laterza. Com’è intitolato?  

D. Dunque com’era. Te lo ricordi?   

Corradi. Ho paura di no.

D. L’ho messo da parte perché devo guardarmelo, ma insomma.

R. Proprio di critica della… 

D. Sì. Magari le telefono e le dò le indicazioni

R. La ringrazio. E oltre Dahrendorf?

D. Mah, niente. Questo è stato il volume che ha suscitato un certo interesse, altre cose non direi.

R. Cos’è? Abbastanza recente?

D. Sì, sì. Cosa sarà? Un anno?

Corradi. La traduzione italiana è uscita da pochissimo.

R. Cos’è? Un piccolo?

D. È piccolo, è piccolo.

R. Piccolo.

D. Sì, no, non è un grosso saggio.

R. Sì, però il tema meriterebbe.

D. Ma infatti si collega benissimo al discorso che stiamo facendo.

R. È un tema che meriterebbe questo, indubbiamente, perché indubbiamente abbiamo una critica della democra…, ehm, dei chiari, dei chiari segni di critica della democrazia e d’altra parte scarsi strumenti concettuali. Se non andiamo alle vecchie critiche, ecco [pausa] anche l’antitesi democrazia totalitarismo è una formula affatto inadeguata, che mi sembra sempre più inadeguata [pausa].

D. Ma si può dire che il ’68 ha rappresentato un rifiorire di speranze per le possibilità di concreta realizzazione di risvolti democratici?

R. No, ma neanche che il ’68 avesse… La parola democrazia non era affatto sacra per il ’68. No. Il problema era piuttosto questo insomma: il formarsi, dunque l’esito della guerra sembrava essersi consolidato intorno al ’60 nella forma della società opulenta, ecco, società opulenta o tecnocratica, dunque, quindi, il tratto comune di tutte le forme di contestazione era il…

Voce al telefono. No, non c’è, lo trova più tardi.

R. La critica al…

Voce al telefono. [incomprensibile].

R. La critica alla società opulenta…

Voce al telefono. Verso le sette e mezzo, a quell’ora lì certamente ci sarà.

R. E certamen…, certamente però mi pare che è andata fallita. Fallita proprio completamente, completamente, no? La società opulenta adesso non se ne parla più certamente, ma rispetto alla società tecnocratica o è stato il segno dell’abdicazione della vecchia società alla società tecnocratica. Questa abdicazione portava a, portava a manifestazioni violente, portava certo a manifestazioni di aspetto violento. Poi i filoni sono varissimi, filoni che si ispirano al comunismo dissidente, filoni cattolici, persino filoni fascisti che vedono con simpatia il fatto della contestazione. Però, ripeto, direi, è un fatto che ormai, che si è, direi, poi placato in cose irrisorie come gli esami mensili, ehm, oppure con, ehm, oppure con il rifiuto di obbligatorietà di esami, ecco, che poi, poi di fatto, è piani di studio, ma poi di fatto i piani di studio sono tornati quelli di prima, ecco. Quindi non, non mi pare proprio che si possa, si possa vedere, oggi si possa vedere, ecco, oggi proprio quello della legittimità e della carenza dell’importanza della legittimità e della carenza di legittimità [incomprensibile] i temi connessi alla legittimazione [pausa].

D. C’era forse un altro termine che poteva essere caro ai contestatori: quello di libertà.

R. Ah, libertà, sì libertà nel senso che si sentivano schiacciati, ecco, da questa macchina, ecco, da, da, non so, da una macchina tecnica che, per cui il loro destino era già segnato fra, fra i venti e i venticinque anni. Veniva ammessa una libertà teorico-formale, ma di fatto non corrispondeva per nulla a una libertà effettiva. E, direi, meno che mai a un potere effettivo. Parola dunque… Il dato può essere, quindi: naturalmente la parola libertà è una delle poche parole che non fossero rifiutate dai contestatori, ecco.  Mah. Però da questo punto di vista che cosa abbiano ottenuto, non hanno ottenuto assolutamente nulla, ecco. Quindi, perché insomma nella contestazione, continuo ad insistere che [incomprensibile] e poi si sono spenti. C’era un’enorme confusione nel, direi, nel passaggio proprio dalla caricatura della libertà, la licenza pura, ecco. Ma, direi, però quanto questi germi negativi, c’erano parecchi germi negativi. Per ora, per ora questi tacciono [pausa]. Oggi si debbono cercare in quel movimento, in parte in quel movimento di Comunione e Liberazione e in parte in questi personaggi un po’ strani, insomma, che hanno, come Cacciari. Veramente non riesco a capire come sia accettato come deputato comunista, ecco. O, meglio, so anche perché è stato accettato. So o credo di sapere, in fondo non è che io abbia nessuna prova, ma insomma il fatto è che i comunisti volevano recuperare gli autonomi, ecco. E allora Cacciari è un po’una mediazione. Ma insomma Cacciari effettivamente ha una sensibilità alla crisi di oggi, ehm. [pausa] E poi c’è anche quell’Istituto Gramsci del Veneto che, ehm, non so come sia tollerato dal Partito, ecco, perché non so che rapporto abbia con il Partito Comunista. Ma evidentemente, ma è vero che oggi il Partito Comunista giuoca tutte le carte possibili, tutte, tutte, senza… Adesso giocherà credo anche la carta di Mussolini, poi magari… beh, farà l’apologia di Mussolini. Ma insomma però è un recupero di certi, un recupero che veramente questo era già nelle idee di Togliatti: il tentativo di recupero del fasci…, dei fascisti, da parte del Partito Comunista è una idea vecchia, ecco. E adesso il recupero potrebbe estendersi anche a Mussolini, cangiando un po’ le cose, dicendo che è un rivoluzionario tradito piuttosto che un rivoluzionario traditore, insomma [ride]. No, questi sono paradossi, ma che però hanno, debbono avere un certo fondamento, perché quando vedo che i comunisti, così, dichiarano che sono rivolti a, a una considerazione seria e storica della stessa figura di Mussolini, ma, non so [ride]. E quindi… Non parliamo poi rispetto ai cattolici, non parliamo in tutte le direzioni, ecco. Si muove questo… Recupero di Nietzsche, recupero, beh, tutti i recuperi possibili. Quindi, in questa, ehm, quindi [pausa] e recupero nello stesso tempo magari delle tendenze libertarie, delle tendenze, recupero. E anche diciamo la verità che oggi può contare molto il Partito Comunista sul disinteresse generale della politica e poi di un fatto: che è riuscito a superare bene la crisi conseguente alla Polonia. Ehm, ha superato bene [pausa]. Non direi che oggi il Partito Comunista sia indebolito, piuttosto direi che è piuttosto indebolita la Democrazia Cristiana, questa sì, non tanto per, per il fatto dell’assenteismo [fine della registrazione].