Natuzza Evolo. Il dolore e la parola

Roberto Cipriani


Maricla Boggio, Luigi M. Lombardi Satriani, Natuzza Evolo. Il dolore e la parola, Armando Editore, Roma, 2006, pp. 320, euro 27.


         Il caso di Natuzza Evolo, la donna calabrese oggi ultraottantenne che dice di parlare con figure divine e che porta sul suo corpo messaggi scritti con il sangue, era già noto da tempo ma ora Boggio e Lombardi Satriani ce ne offrono un quadro ben più ampio, che si avvale della trascrizione di un film, dei dibattiti e dei saggi riguardanti la fenomenologia natuzziana, della pièce teatrale di Maricla Boggio dal titolo Maria dell’angelo (con l’interpretazione di Regina Bianchi e la regia di Ugo Gregoretti), di documenti inediti, di ulteriori testimonianze, nonché di un aggiornamento datato 2006.


         Il testo offre spunti innumerevoli, che non è possibile riprendere qui nella loro complessa articolazione. Ma c’è un aspetto che in qualche modo li riassume quasi tutti e che indurrebbe a definire la Evolo come “Natuzza degli angeli”. In effetti la presenza dell’angelo nella cultura popolare è collegabile a vari tipi di manifestazioni ed esperienze: molti sono gli esempi che si possono citare, in vari contesti in cui la socializzazione di matrice cristiana ha operato sinora.


Natuzza Evolo, di Paravati in provincia di Catanzaro, sin dal 1939 ha manifestato sudorazioni di sangue, con comparsa di piaghe, soprattutto il mercoledì santo, il giovedì santo ed il venerdì santo. Tali fenomeni, tenuti nascosti fino al 1965, sono poi venuti a conoscenza di molte migliaia di persone. Si attribuiscono a Natuzza varie potenzialità: dalla bilocazione alla morte apparente, dalla trance al dialogo con i defunti, dall’esorcismo al canto angelico. Di quest’ultimo sono state offerte già nel passato varie testimonianze: “Natuzza cadde in catalessi, ed improvvisamente sentimmo un suono lontano, indescrivibile, una musica talmente melodiosa, come un coro di dieci, venti voci intrecciate. Io mi impressionai moltissimo: era come un canto angelico lontano lontano, non sembrava venire dalla bocca di Natuzza”. Un altro testimone ha narrato di aver udito il canto angelico proveniente da Natuzza in trance. Questo canto era stato udito anche da molte persone di Paravati, talora anche dai figli di Natuzza, mentre era sveglia: ella aveva minimizzato la cosa, sostenendo che il canto proveniva dalla radio.


A differenza di fenomenologie similari, non rare nel meridione italiano (e non solo), la vicenda della Evolo si è protratta nel tempo senza che siano sorti molti dubbi sulla veridicità delle sue affermazioni e sulla singolarità degli eventi che l’hanno accompagnata nel corso della sua lunga esistenza. La sua tenuta nel tempo ha destato sorpresa anche in studiosi ben rigorosi e per nulla propensi a dar credito a fatti soprannaturali.


Sta di fatto che numerosi testimoni riferiscono situazioni inconsuete legate alla figura di Natuzza: “uno straordinario carisma posseduto da Natuzza è la visione continua del proprio angelo custode e di quello delle persone con le quali viene a contatto. Il suo angelo custode, veduto da lei fin dalla fanciullezza, la guida, la ammonisce, la assiste nel suo lavoro di conversione, le dà particolari consigli. È il suo angelo custode ma più spesso l’angelo custode dei visitatori che suggerisce a Natuzza la risposta o il consiglio da dare, così asserisce candidamente Natuzza, ecco perché le sue risposte sono solitamente infallibili, e penetrano nell’intimo delle persone, perché sono suggerite dagli Angeli, creature di intelligenza e conoscenza superiore a quella umana”. Chi parla così è evidentemente una persona credente e convinta, nondimeno quanto dice risulta prezioso ai fini di una più circostanziata conoscenza scientifica della realtà considerata.


Utile risulta pure quest’altra informazione: “Natuzza vede gli Angeli nelle sembianze di bambini bellissimi con i piedi sollevati da terra, dall’età apparente di 8-10 anni, alla destra delle persone laiche, ed alla sinistra dei sacerdoti. Vede loro muovere le labbra e sente, provenienti dalle loro labbra, le risposte da dare alla gente con la quale è in colloquio. Gli angeli custodi dei sacerdoti li accompagnano dando loro la destra, dice Natuzza, perché riconoscono in loro il rappresentante del loro e nostro Signore Gesù Cristo, mentre lo spirito delle persone laiche dà la destra all’Angelo, creatura superiore nella scala spirituale”. Una simile spiegazione rientra pienamente in una concezione popolare della figura del sacerdote come inviato divino, dotato di poteri particolari. Si stabilisce quindi una sorta di gerarchia che vede la gente comune al livello iniziale, poi gli angeli e un po’ più in alto i sacerdoti. Una simile visione può anche apparire ingenua ma non è del tutto priva di una sua logica.


Del resto la stessa Evolo pare giustificare ulteriormente un tale punto di vista in quanto “è stata sempre molto decisa nell’affermare e sostenere che gli angeli da lei visti, chiamati da lei il più delle volte ‘gli angioletti’, per la loro sembianza di bambini, sono delle creature reali, del tutto indipendenti e diverse sia dalle persone vive che dai defunti, create da Dio direttamente nello stato angelico e mai passati attraverso la natura umana”. È appena il caso di notare come anche a questo proposito l’idea che Natuzza comunica in relazione agli angeli rientra perfettamente nella tradizione corrente della sua cultura di appartenenza: in fondo i suoi angioletti-bambini non differiscono molto, nelle forme esteriori, da quelli che sono i protagonisti delle “prediche” a Gesù nei riti di Verbicaro, pure in Calabria.


Sempre secondo Natuzza Evolo “gli Angeli Custodi assistono gli uomini non solo durante tutta la vita, ma anche nel Purgatorio, fino all’ingresso in Paradiso”.


Sembra proprio che la donna di Paravati, soprannominata “la santa”, abbia una particolare dimestichezza con gli angeli, della cui esistenza si mostra ampiamente convinta. Infatti “un’altra volta, mentre Natuzza era a colloquio con i suoi visitatori, un sacerdote, nel salone-cappella, faceva dell’ironia con le persone presenti sulla facoltà della donna di parlare con gli angeli. Natuzza, avvertita dal suo angelo, uscì sull’uscio, rivolgendogli una frase di ammonizione in lingua latina. Il sacerdote rimase confuso, ma poi, quando entrò da Natuzza, la rimproverò per essere stato richiamato da lei in pubblico. Questo episodio mi è stato narrato personalmente da Natuzza; ricordo la sua spontaneità con la quale mi disse: ‘Quel sacerdote non credeva che c’è l’angelo, e invece c’è, c’è! E poi mi rimproverò per l’ammonizione in latino, ma nessuno dei presenti aveva capito cosa avevo detto!’ ”.


Infine c’è da dire che la stessa Natuzza così si esprime: “Sì è vero, la Madonna mi appare spesso. Vedo anche il mio angelo custode e gli spiriti dei morti. Li vedo come se fossero ancora abitanti di questo mondo. Mi parlano, mi sorridono, sono vestiti come noi. A volte non riesco proprio a distinguere i vivi dai defunti. Sono cinquant’anni che mi capitano simili fenomeni, ma non so ancora dare loro una spiegazione” (pag. 288). E poi aggiunge: “Io sono niente, sono solo una povera donna che ripete ciò che dice l’angelo. Quando una persona viene a chiedermi consigli per un problema, io guardo il mio angelo custode. Se lui parla, io riferisco; se sta zitto, non posso dire niente perché sono ignorante” (pag. 289).  Ed ancora: “L’angelo custode. Lo vedo continuamente. È lui che mi suggerisce ciò che devo dire alle persone. Ha l’aspetto di un bambino di circa otto anni, è biondo, con i capelli ricci. È sempre avvolto da una luce fortissima. Anche in questo momento vedo l’angelo. È qui, alla mia destra. È così luminoso che mi fa lacrimare gli occhi” (pag. 292).


Molti altri episodi si potrebbero aggiungere ma quel che resta chiaro è il livello profondo della credenza di Natuzza nell’esistenza degli angeli. Di questo ella si serve ampiamente nell’intessere il suo dialogo con la gente che la va a trovare per cercare conforto da lei. In fondo è questo che colpisce anche gli autori del volume: un dolore vissuto direttamente e che si trasforma nel dono della parola offerta agli altri come conforto, come rassicurazione, come speranza.