GLI ANGELI NELLA SOCIETÀ POST-SECOLARE

Roberto Cipriani

Premessa

Nell’affrontare l’analisi relativa alla presenza, al ruolo ed all’influenza degli angeli o, meglio, della loro figura – intesa in senso lato – nella società contemporanea, ciò che colpisce immediatamente è la scarsa, quasi nulla, attenzione dedicata sinora dai sociologi ad un argomento che pure ha una sua rilevanza finanche in una realtà sociale che, superato ormai l’inebriamento quasi tutto e solo intellettuale per la secolarizzazione, ha a che fare con varie riemergenze del sacro in forme sia usuali che inusitate.

Dopo alcuni decenni di molte teorie proposte e poche ricerche effettuate sulla secolarizzazione, i profeti avventati di un tempo hanno dovuto ricredersi sulla preconizzata fine del sacro o almeno sulla sua eclisse. Harvey Cox (1965), non dimenticato autore de La città secolare, libro che fece epoca negli anni sessanta del secolo scorso, e Sabino Acquaviva (1961, 1979), inventore della formula L’eclissi del sacro nella civiltà industriale, entrambi hanno riveduto ampiamente le loro posizioni di un tempo, concludendo che non è avvenuta alcuna significativa soluzione di continuità con il passato, per cui il sacro rimane ancora un tema centrale nella vita sociale.

Cox in modo più netto ha riconosciuto di essersi sbagliato, Acquaviva (1989) invece ha solo precisato che la sua voleva essere appena un’interpretazione relativa alla fine dell’uso magico del sacro.

Non è ben chiaro però se nel processo di demagizzazione del sacro sia da includere anche una tendenza a fare a meno di alcune presenze non empiricamente verificabili come quelle degli angeli. Intanto tuttavia proprio per riproporre l’attenzione alla fenomenologia religiosa un altro sociologo, ben noto a livello internazionale per la sua copiosa e stimolante produzione, Peter Berger (1969, 1970), appena a ridosso temporalmente dei contributi di Cox ed Acquaviva ha fatto ricorso alla fortunata metafora de Il brusio degli angeli. Lo stesso Berger (1970: 156) ne ricorda l’origine: “Alcuni anni fa, ad un sacerdote che lavorava in un quartiere miserabile di una città europea venne chiesto perché mai lo facesse; ed egli rispose: ‘affinché non svanisca del tutto il brusio di Dio’. Brusio! Questa parola dice benissimo a che cosa si sono ridotti nella nostra situazione i segni della trascendenza: dei brusii e, aggiungiamo, dei brusii a cui non si presta certo molta attenzione. Non ho scritto un libro sugli angeli. Tutt’al più, si potrebbe vedere in queste pagine una prefazione all’angelogia, se questa indica uno studio dei messaggeri di Dio da identificare in tutti quegli indizi emergenti dalla realtà che rimandano alla Sua presenza. Ci piaccia o no, siamo in una situazione in cui la trascendenza è stata ridotta ad un brusio”.

Resta da capire che cosa però questi indizi significhino sociologicamente.

Satanismo ed angelismo

Innanzitutto è da constatare che mentre i fenomeni legati al satanismo hanno finora fatto registrare vari ed articolati studi altrettanto non si può dire di quello che sbrigativamente e sinteticamente si può definire angelismo. Infatti c’è tutta una letteratura sociologica che da tempo si interessa di temi satanici. Oltre cinquant’anni fa Rhodes (1955) aveva studiato le messe sataniche. Ma è dalla metà degli anni settanta del secolo scorso che vari autori hanno cominciato a dedicarsi a studi sul satanismo, in particolare Randall (1976) sulla cosiddetta “Chiesa di Satana”, Raphaël (1976) sugli aspetti socio-politici e socio-psicologici e Bainbridge (1978) su quelli psicoterapeutici.

Soprattutto negli Stati Uniti la demonologia sociologica ha conosciuti sviluppi ampi e ricorrenti, nella misura in cui il richiamo alla presenza del male nella società sottolineava altresì l’azione diabolica svolta in proposito, secondo le letture dominanti nel campo dei fondamentalismi specialmente cristiani.

Insomma sembra quasi di intravedere una sorta di correlazione stretta fra le visioni negative della realtà sociale e l’incremento di organizzazioni, culti e pratiche sataniche.

Si è anche ipotizzato che la diffusione del satanismo muovesse da una precisa pianificazione, anche a livello globale, e mirasse ad una forte azione socializzatrice nei riguardi delle nuove generazioni. In realtà numerose indagini (Richardson 1991) sembrano confutare una simile interpretazione, ma nel contempo sottolineano la tendenza alla personificazione del male rilevabile nel fondamentalismo cristiano, una certa localizzazione del fenomeno satanico in area californiana, la creazione di movimenti cristiani cosiddetti anti-culto per contrastare il proselitismo di nuove forme religiose, la nascita di movimenti in difesa dei più giovani contro il plagio da parte di altre religioni, l’utilizzo – da parte di movimenti satanici – di nuove tecnologie di comunicazione di massa e di appositi “seminari di satanismo” per ottenere un riconoscimento pubblico sotto l’etichetta di “educazione permanente o continua” per gli adulti.

Nel contempo non sono sorte correnti angeliste di diretta opposizione ai movimenti satanici. E dunque mancano ovviamente studi specifici in proposito. Semmai si potrebbe pensare che se per un verso si assimila il satanismo al male per un altro verso si potrebbe pensare all’azione degli angeli quali diffusori del bene. Ma questo viene letto sociologicamente in maniera del tutto succedanea. Insomma le ricerche sociologiche esulano dal tema angelista. Infatti nei questionari di indagine non si trovano quasi mai domande sugli angeli, sulla loro esistenza, sul loro ruolo, sul loro culto.

Invece non mancano in genere domande specifiche sul diavolo. Per esempio in un’inchiesta italiana, statisticamente rappresentativa a livello nazionale (Cesareo, Cipriani, Garelli, Lanzetti, Rovati 1995: 324), si è chiesto ad un campione di 4485 intervistati quale idea avessero del diavolo: il 23,2% ha risposto che “è una creatura che esiste realmente e spinge l’uomo al male”, ma il 48,6% ha detto che “è l’inclinazione al male, è la parte cattiva che c’è in ogni uomo”, mentre il 15,1% è apparso più propenso a ritenere che “è solo un’invenzione popolare che nasce dalla paura, dalla superstizione” ed il 13,1% non ha di fatto preso posizione rispondendo: “non mi interessa, non ci ho mai pensato”.

Non è possibile inferire da questi dati l’orientamento relativo all’idea degli intervistati sugli angeli. E poi c’è da chiedersi, a livello generale, se le due figure, la diabolica e l’angelica, debbano necessariamente connettersi ed in stretta opposizione, per cui si potrebbe ipotizzare che anche a proposito degli angeli sussisterebbe qualche riserva, in misura maggioritaria, sulla loro reale esistenza. Detto altrimenti non è scontato che ad una personificazione ridotta del male nel personaggio del diavolo corrisponda anche una diminuzione della personificazione del bene nel personaggio dell’angelo.

Ma forse il problema maggiore è un altro: in che misura si crede che esistano queste due diverse creature? E si può credere nell’una ma non nell’altra? Ed in quale delle due si crede maggiormente? Questi interrogativi non trovano risposte adeguate perché mancano dati sufficienti in proposito.

Sono però disponibili alcune informazioni utili, per esempio in relazione alle apparizioni di Lourdes e Fatima. Sono 4487 gli intervistati interpellati in merito (Cesareo, Cipriani, Garelli, Lanzetti, Rovati 1995: 326): il 55,7% pensa che “sono segni della presenza di Dio in mezzo agli uomini”, il 9,3% stima che “sono invenzioni popolari, allucinazioni o suggestioni”, l’1,8% che “sono invenzioni dei preti”, ma il 29,4% dice: “sono incerto, non so dare una risposta”, infine il 3,9% dichiara: “non mi interessa”. In pratica la credenza nelle apparizioni di Lourdes e Fatima è maggioritaria. Orbene se vi includiamo anche la presenza angelica si potrebbe sostenere, pur con qualche approssimazione, che la stessa figura dell’angelo rientra nel complesso della credenza dichiarata. Ma invero tutto ciò dovrebbe essere ulteriormente provato con inchieste ad hoc e con domande ben più circostanziate, cioè focalizzate sul tema dell’angelo.

Indirettamente qualche altra informazione ci viene dal medesimo studio: il 60,6% dei 4462 interrogati sul “fatto che alcune persone sono possedute dal demonio” vi crede per nulla o poco, il 22,9% abbastanza ed il 16,5% molto. Insomma la credenza sebbene cospicua è minoritaria (non tocca il 40%) e tuttavia risulta maggiore di quella fatta registrare in merito all’esistenza del diavolo (23,2%). La differenza si spiega forse con l’estensione dell’idea di diavolo che confluisce in quella di male. D’altra parte ancor più basso è il tasso registrabile quando si domanda se si ha “la sensazione che esiste una potenza maligna”.

Non può prendersi in considerazione l’ulteriore dato, piuttosto vago, sull’eventualità di aver sperimentato “situazioni straordinarie, fuori dal naturale come: comunicazione con spiriti, extracorporeità, sollevamento del corpo da terra”, il che riguarda solo il 2,8%. E del resto il riferimento agli spiriti è carico di ambiguità, accresciuta peraltro dagli altri tipi di sensazione inclusi nella domanda.

Sarebbe interessante conoscere se gli angeli rientrano ed in che misura fra i destinatari delle preghiere, che rappresentano la fenomenologia religiosa più diffusa in assoluto, perché praticabile in comunità ma anche in privato, nelle situazioni pubbliche ed ufficiali ma pure nei momenti più privati e senza alcun controllo sociale. Nelle risposte previste dal questionario dell’indagine già citata non sono contemplati gli angeli, mentre sono previsti Dio, Gesù Cristo, Madonna, santi, Spirito Santo, defunti, altro. Ma nell’inchiesta in corso nel 2006 è stata opportunamente aggiunta fra quelle possibili la risposta relativa agli angeli. Quindi si può sapere qualcosa di più preciso. Non è tuttavia da attendersi quote percentuali elevate perché c’è da indicare il destinatario più frequente e dunque la “concorrenza” è quanto mai forte, ma poiché è possibile fornire più di una risposta è probabile che qualche rilevanza degli angeli possa evidenziarsi. In ipotesi si può prevedere in linea di massima che gli angeli possano risultare come invocati da meno del 10% degli intervistati, quasi al livello dei santi e dei defunti.

Orbene i dati provvisori raccolti sinora fanno attestare la percentuale di quanti invocano gli angeli nella misura del 4% – cortesemente comunicataci in anteprima dal collega Franco Garelli dell’Università di Torino -. Tale risultato non è poi del tutto trascurabile se confrontato con quello fatto registrare da una delle tre persone della Trinità, lo Spirito Santo, che non supera il 5%. In definitiva quanti si rivolgono agli angeli sono presenti, sia pure in minoranza, in un insieme cospicuo di circa il 70% di oranti ma non risultano del tutto trascurabili numericamente, specie se si tiene conto che la pratica religiosa regolare ruoterebbe attorno al 25% (dato in attesa di conferma).

Ben più alti sarebbero stati i tassi in caso di domanda sulla credenza relativa agli angeli. In effetti nell’indagine sui valori svolta nel 1999 era stato accertato che il 69,8% degli italiani e delle italiane credevano negli angeli, con una maggiore propensione da parte delle donne che manifestavano un livello ben più alto, pari all’80,5%, su un campione statisticamente rappresentativo di 1783 intervistati ed intervistate (Gubert 2000). In precedenza un’altra inchiesta italiana sulla fede e sulla pratica religiosa (Brunetta, Longo 1991: 199) aveva investigato sulla fede in alcune verità del Cristianesimo, fra le quali la credenza nell’esistenza degli angeli, che raggiungeva il 40,9% del campione relativo alla popolazione generale dei cittadini ed il 37,2% dei giovani.

Nello studio pluriennale (1981-2004) sui valori in Europa (sotto la sigla EVS e nell’ambito degli studi promossi da Ronald Inglehart a livello internazionale) la domanda sugli angeli compare poco o non compare affatto (come nel caso del Portogallo). Negli Stati Uniti, peraltro, recenti indagini assegnano alla categoria degli angeli un livello elevato di credenza, intorno al 72%. La stessa indagine Gallup del 1994 certifica che circa il 50% ritiene di aver un proprio angelo custode. Ma va altresì aggiunto che il 48% crede nell’esistenza degli UFO (Neimark 1996: 50).

L’associazione mentale fra gli UFO (gli oggetti volanti non identificati ovvero i dischi volanti) e gli angeli torna con una certa frequenza anche nelle indagini più rigorose, come quella – ricchissima di informazioni – condotta da Erich Goode (1999) sul mondo del cosiddetto paranormale, che oltre gli angeli comprenderebbe pure le streghe, le percezioni extrasensoriali, la fisica, l’astrologia, la predizione del futuro, i morti viventi, i fantasmi, la comunicazione con i defunti. A partire dal rapporto con il paranormale sarebbe possibile secondo l’autore capire l’organizzazione della vita sociale, l’articolazione delle strutture e la dinamica del comportamento. In altri termini ci sarebbe una stretta relazione fra il credere nel paranormale ed il credere in una divinità. Inoltre dalla credenza o non credenza nel paranormale si possono desumere i tratti relativi alla società di appartenenza degli individui interessati o meno dal mondo paranormale, la cui popolarità in termini di diffusione è comunque in aumento.

Nell’indagine Gallup del 2004 si accerta che il 78% degli americani crede negli angeli, ma il 70% nel diavolo; più massiccia è la credenza femminile che giunge all’84% rispetto al 72% degli uomini. Si tratta di un’inchiesta telefonica su un campione selezionato di 519 adulti.

Si è già rilevato che fino a qualche anno fa non si è pensato quasi mai ad indagare quale fosse la percezione degli angeli da parte dei soggetti da intervistare. Quando lo si è fatto il riferimento è stato piuttosto ridotto e conglobato, per esempio, entro un indice di esperienze spirituali profonde chiamato INSPIRIT (Kass, Friedman, Leserman, Zuttermeister, Benson 1991: 211), che comprendeva fra l’altro un’esperienza dell’energia o della presenza divina, un’esperienza di una grande figura spirituale (per esempio Gesù, Maria, Elia, Budda), un’esperienza di angelo e di spiriti guida, un’esperienza di comunicazione con qualche morto, un incontro od un ascolto di una guida religiosa o di un maestro, un’esperienza travolgente di amore, un’esperienza di pace interiore profonda, un’esperienza di gioia completa e di estasi, un evento miracoloso (o non rientrante nella normalità), una guarigione del proprio corpo o della propria mente (o una testimonianza di tale guarigione), un senso di unione con la terra e con tutti gli esseri viventi, un’esperienza di quasi morte o di vita dopo la morte. Si è calcolato che esperienze del genere riguardano una percentuale fra il 5 ed il 30% della popolazione (Greeley 1974). Sembrerebbe inoltre che persone ammalate ma con tali esperienze di spiritualità profonda presentino un maggior desiderio di sopravvivenza e di gratificazione, insieme con un miglioramento della loro salute. In definitiva si potrebbe concludere che ad una maggiore spiritualità seguirebbe un migliore stato di salute.

Meno recente è l’utilizzo dell’item angeli all’interno di una scala di atteggiamento religioso (Armstrong, Larsen, Mourer 1962). Si trattava di definire la figura angelica scegliendo fra tre possibilità: esseri celesti creati a somiglianza divina, rivelazione delle vie di Dio, simboli divini costruiti dall’uomo. La prima possibilità era ascritta ad un atteggiamento piuttosto ortodosso, la seconda aveva un carattere più orientato verso una posizione conservatrice, la terza appariva più “liberalista”, cioè progressista. Tale impostazione risente molto dell’epoca in cui è stata proposta. Oggi l’analisi avrebbe bisogno di una maggiore articolazione. D’altro canto la tripartizione suggerita non sarebbe in grado di discriminare abbastanza fra i diversi atteggiamenti e comportamenti rilevabili nelle società contemporanee.

C’è dunque bisogno di rivedere completamente l’approccio alle tematiche angeliste, dedicandovi studi appositi, non sussidiari di altri, altrimenti la frammentazione dei risultati ben poco direbbe sulla reale consistenza della percezione degli angeli nella società post-secolare.

Al momento invece il discorso di una sociologia applicata all’angelogia, ovvero a come gli angeli sono considerati dai soggetti sociali, è ancora tutta da costruire, perché c’è anche da stabilire se siano sufficienti gli strumenti tradizionali a carattere quantitativo (questionari e dati numerici) o se al contrario si debba ricorrere a soluzioni diverse, di tipo qualitativo, per esempio attraverso storie di vita, autobiografie, interviste focalizzate ma non direttive che lascino la massima autonomia possibile all’intervistato in modo che risponda liberamente, senza pressioni esterne, senza urgenze di tempo, senza controlli da parte della collettività.

Gli angeli nella religiosità popolare contemporanea

La popolarità della figura angelica è senza soluzione di continuità nel tempo. Essa è stata immaginata anche come anima esteriore, separata dal corpo e perciò caratterizzata da santità (in ebraico kedushà). L’idea poi di spirito protettore del singolo individuo si rintraccia nel nagualismo, cioè nel totemismo dell’America Centrale che associa il destino di un essere umano a quello di un animale. Ma già presso gli antichi babilonesi si annoveravano dei geni protettori, dotati di ali. Nello zoroastrismo si parla di Fravashi, milizia del dio supremo, ma pure di Amesha Spenta.

In ambito cristiano è stato San Bernardo a diffondere ampiamente il culto angelico. Lo stesso hanno fatto i Gesuiti durante la controriforma. Il papa Paolo V prescrisse nel 1608 la festa degli angeli per tutto l’impero e Clemente X nel 1676 per tutta la chiesa. Si interessarono agli angeli il Concilio Lateranense IV nel 1215 e successivamente il Vaticano I nel 1870.

Gli angeli inabitano in quasi tutte le chiese cristiane nel mondo, più che altro sotto forma di scultura. Le cattedrali medievali ne presentano in gran numero. Nessuno osa nemmeno pensare che sia possibile farne un elenco completo. C’è però un aspetto che vale la pena di sottolineare, ancora una volta in chiave di continuità tra passato e presente: gli angeli assumono le posture più imprevedibili, portano con sé gli oggetti simbolici più indecifrabili nel loro significato, si permettono di fare cose impossibili o poco probabili o difficilmente pensabili o accettabili dal senso comune (Musardo Talò 1997).

Che dire dell’angelo che nella maestosa cattedrale di Bordeaux regge tra le mani il sole? Allo stesso titolo ci si può chiedere come sia spiegabile che in un’esperienza di religiosità popolare ancora attiva a Verbicaro, nella provincia calabrese di Cosenza, in Italia, un angelo possa permettersi di fare una “predica” a Cristo stesso. Si tratta di un rito che vede protagonisti alcuni bambini vestiti da bambine con abiti bianchi da angioletti, nella processione detta dei “Misteri” che si svolge nella notte fra il giovedì ed il venerdì santo. I bambini-angeli di Verbicaro hanno fra quattro e dodici anni, dunque non hanno ancora raggiunto la pubertà. Essi contendono la scena ad altri personaggi presenti nella medesima liturgia popolare: i “battenti”, adulti che vestiti di rosso si battono a sangue verso la mezzanotte, poco prima dell’uscita della processione alle tre del mattino.

Prima dell’avvio del corteo dei “Misteri” gli angioletti, che hanno nella mano destra un calice e nella sinistra una croce entrambi in legno (a somiglianza di una statua di angelo, appunto con calice e croce, che sta davanti al Cristo nel Getsemani), procedono alle loro “prediche” a Gesù all’orto, a Gesù alla colonna, all’Ecce Homo, a Gesù che cade, al Cristo stesso (che in questo caso non è una statua ma è impersonato da un cittadino di Verbicaro), a Gesù Crocifisso, a Gesù morto ed infine all’Addolorata. Nel corso del rito processionale le “prediche” degli angioletti vengono ripetute in altre tre punti del percorso. Al termine della processione, quando è sorta l’alba, hanno luogo le recite-“prediche” finali degli angioletti, prima del sermone di un sacerdote. Alcune “prediche” rivolte ad una medesima figura di Cristo come destinatario hanno versioni diverse: sono tre per Gesù all’orto, due per Gesù alla colonna, l’Ecce Homo, Gesù che cade, il Cristo personificato, il Crocifisso, il Cristo morto, ben cinque per l’Addolorata. Particolarmente nota è la “predica” a Gesù alla colonna che recita così: “Gesù mio alla colonna,/ crudelmente sei legato,/ tutto pesto e flagellato/ per salvare l’umanità./ Alla morte condannato,/ per noi miseri a soffrir,/ fino a giungere di morire/ con immensa crudeltà.”

In definitiva, come scrive Salvatore Totaro (2005: 112), che ha analizzato approfonditamente il caso degli angioletti di Verbicaro, si tratta di “un cammino notturno che si estrinseca sotto un duplice aspetto simbolico: quello dell’Angioletto che interrompe il buio della notte e della morte, e quello della notte che sfocerà nella luce dell’alba, della risurrezione, della vita”.

Ma soprattutto è da sottolineare il ruolo dei bimbi che svolgono il loro ruolo di angeli con una gestualità accorta e studiata ed un’intonazione rituale e cadenzata della voce. Sono essi che divengono il tramite della tradizione popolare, ripetuta nel tempo quasi senza soluzione di continuità e di contenuto.

La presenza dell’angelo nella cultura popolare non si limita a questo tipo di manifestazione e di esperienza. Molti altri sono gli esempi che si possono citare, in vari paesi in cui la socializzazione cristiana ha operato sinora. Ed anche senza spostarsi troppo, per esempio restando nella medesima area della Calabria, non si può non citare un altro caso significativo, quello di Natuzza Evolo, una donna di Paravati, in provincia di Catanzaro. Ella, oggi ultraottantenne (è nata nel 1924), sin dal 1939 ha manifestato sudorazioni di sangue, con comparsa di piaghe, soprattutto il mercoledì santo, il giovedì santo ed il venerdì santo. Tali fenomeni, tenuti nascosti fino al 1965, sono poi venuti a conoscenza di molte migliaia di persone. Si attribuiscono a Natuzza varie potenzialità: dalla bilocazione alla morte apparente, dalla trance al dialogo con i defunti, dall’esorcismo al canto angelico. Di quest’ultimo sono offerte varie testimonianze: “Natuzza cadde in catalessi, ed improvvisamente sentimmo un suono lontano, indescrivibile, una musica talmente melodiosa, come un coro di dieci, venti voci intrecciate. Io mi impressionai moltissimo: era come un canto angelico lontano lontano, non sembrava venire dalla bocca di Natuzza”. Un altro testimone narra “di aver udito in quell’epoca il canto angelico proveniente da Natuzza in trance. Questo canto fu udito da molte persone di Paravati, qualche volta, eccezionalmente, fu udito dai figli di Natuzza, mentre ella non era in trance ma del tutto sveglia, proveniente in questo caso non da lei, ma dall’esterno. Natuzza minimizzò la cosa, dicendo che il canto proveniva dalla radio” (Marinelli 1983: 47).

A differenza di fenomenologie similari, non rare nel meridione italiano (e non solo), la vicenda della Evolo si è protratta nel tempo senza che siano sorti molti dubbi sulla veridicità delle sue affermazioni e sulla singolarità degli eventi che l’hanno accompagnata nel corso della sua lunga esistenza. La sua tenuta nel tempo ha destato sorpresa anche in studiosi ben rigorosi e per nulla propensi a dar credito a fatti soprannaturali.

Sta di fatto che numerosi testimoni riferiscono situazioni inconsuete legate alla figura di Natuzza. “uno straordinario carisma posseduto da Natuzza è la visione continua del proprio angelo custode e di quello delle persone con le quali viene a contatto. Il suo angelo custode, veduto da lei fin dalla fanciullezza, la guida, la ammonisce, la assiste nel suo lavoro di conversione, le dà particolari consigli. È il suo angelo custode ma più spesso l’angelo custode dei visitatori che suggerisce a Natuzza la risposta o il consiglio da dare, così asserisce candidamente Natuzza, ecco perché le sue risposte sono solitamente infallibili, e penetrano nell’intimo delle persone, perché sono suggerite dagli Angeli, creature di intelligenza e conoscenza superiore a quella umana” (Marinelli 1983: 83-84). Chi parla così è evidentemente una persona credente e convinta, nondimeno quanto dice risulta prezioso ai fini di una più circostanziata conoscenza scientifica della realtà considerata in questa sede.

Utile risulta quest’altra informazione: “Natuzza vede gli Angeli nelle sembianze di bambini bellissimi con i piedi sollevati da terra, dall’età apparente di 8-10 anni, alla destra delle persone laiche, ed alla sinistra dei sacerdoti. Vede loro muovere le labbra e sente, provenienti dalle loro labbra, le risposte da dare alla gente con la quale è in colloquio. Gli angeli custodi dei sacerdoti li accompagnano dando loro la destra, dice Natuzza, perché riconoscono in loro il rappresentante del loro e nostro Signore Gesù Cristo, mentre lo spirito delle persone laiche dà la destra all’Angelo, creatura superiore nella scala spirituale” (Marinelli 1983: 84). Una simile spiegazione rientra pienamente in una concezione popolare della figura del sacerdote come inviato divino, dotato di poteri particolari. Si stabilisce quindi una sorta di gerarchia che vede la gente comune al livello iniziale, poi gli angeli e un po’ più in alto i sacerdoti. Una simile visione può anche apparire ingenua ma non è del tutto priva di una sua logica.

Del resto la stessa Evolo pare giustificare ulteriormente un tale punto di vista in quanto “è stata sempre molto decisa nell’affermare e sostenere che gli angeli da lei visti, chiamati da lei il più delle volte ‘gli angioletti’, per la loro sembianza di bambini, sono delle creature reali, del tutto indipendenti e diverse sia dalle persone vive che dai defunti, create da Dio direttamente nello stato angelico e mai passati attraverso la natura umana” (Marinelli 1983: 84). È appena il caso di notare come anche a questo proposito l’idea che Natuzza comunica in relazione agli angeli rientra perfettamente nella tradizione corrente della sua cultura di appartenenza: in fondo i suoi angioletti-bambini non differiscono molto, nelle forme esteriori, da quelli che sono i protagonisti delle “prediche” a Gesù nei riti di Verbicaro.

Sempre secondo Natuzza Evolo “gli Angeli Custodi assistono gli uomini non solo durante tutta la vita, ma anche nel Purgatorio, fino all’ingresso in Paradiso” (Marinelli 1983: 131).

Sembra proprio che la donna di Paravati, soprannominata “la santa”, abbia una particolare dimestichezza con gli angeli, della cui esistenza si mostra ampiamente convinta. Infatti “un’altra volta, mentre Natuzza era a colloquio con i suoi visitatori, un sacerdote, nel salone-cappella, faceva dell’ironia con le persone presenti sulla facoltà della donna di parlare con gli angeli. Natuzza, avvertita dal suo angelo, uscì sull’uscio, rivolgendogli una frase di ammonizione in lingua latina. Il sacerdote rimase confuso, ma poi, quando entrò da Natuzza, la rimproverò per essere stato richiamato da lei in pubblico. Questo episodio mi è stato narrato personalmente da Natuzza; ricordo la sua spontaneità con la quale mi disse: ‘Quel sacerdote non credeva che c’è l’angelo, e invece c’è, c’è! E poi mi rimproverò per l’ammonizione in latino, ma nessuno dei presenti aveva capito cosa avevo detto!’ ” (Marinelli 1983: 86).

Infine c’è da dire che la stessa Natuzza così si esprime: “Sì è vero, la Madonna mi appare spesso. Vedo anche il mio angelo custode e gli spiriti dei morti. Li vedo come se fossero ancora abitanti di questo mondo. Mi parlano, mi sorridono, sono vestiti come noi. A volte non riesco proprio a distinguere i vivi dai defunti. Sono cinquant’anni che mi capitano simili fenomeni, ma non so ancora dare loro una spiegazione” (Boggio, Lombardi Satriani 2006: 288). E poi aggiunge: “Io sono niente, sono solo una povera donna che ripete ciò che dice l’angelo. Quando una persona viene a chiedermi consigli per un problema, io guardo il mio angelo custode. Se lui parla, io riferisco; se sta zitto, non posso dire niente perché sono ignorante” (Boggio, Lombardi Satriani 2006: 289). Ed ancora: “L’angelo custode. Lo vedo continuamente. È lui che mi suggerisce ciò che devo dire alle persone. Ha l’aspetto di un bambino di circa otto anni, è biondo, con i capelli ricci. È sempre avvolto da una luce fortissima. Anche in questo momento vedo l’angelo. È qui, alla mia destra. È così luminoso che mi fa lacrimare gli occhi” (Boggio, Lombardi Satriani 2006: 292).

Molti altri episodi si potrebbero aggiungere ma quel che resta chiaro è il livello profondo della credenza di Natuzza nell’esistenza degli angeli. Di questo si serve ampiamente nell’intessere il suo dialogo con la gente che la va a trovare per cercare conforto da lei.

La persistenza di personaggi angelici, almeno a livello di percezione personale, anche in un mondo che si definisce post-secolare, è confermata altresì da altre evidenze empiriche. Per esempio in un’intervista ad un pellegrino giunto a Roma per il giubileo del 2000 emerge nettamente un riferimento al ruolo di messaggero svolto dall’angelo. Mimmo, quarantaseienne, ha paura di ogni cosa ed è costretto ad “impasticcarsi”, come si suole dire. La sua è una vita d’inferno, che lo costringe ad ingurgitare pasticche su pasticche. Non riesce a stare tranquillo né con i figli, né con la moglie. Vorrebbe morire. Per questo prega Dio.

Ma ecco il suo racconto: “Allora la Madonna, la vergine Maria non può non fare niente, e quando ha visto che io stavo all’inferno, ha detto: Aspetta un attimo, questo lo dobbiamo recuperare. Allora ha messo un angelo, che era un cieco, sui gradini di una chiesa, e non chiedeva l’elemosina, e io avevo l’impressione che mi guardasse quando io passavo, quello era un angelo. Che mi ha fatto entrare dentro, che mi ha fatto incontrare un’altra volta Gesù Cristo, e mi ha rimesso… mi ha risuscitato” (Cipriani 2003: 55). La narrazione di Mimmo è dettagliata e ripercorre tutto il dramma di una vita travagliata.

Ecco come prosegue: “la depressione è la morte dell’anima. È data dai peccati che uno commette. Allora quando l’anima muore tu vai in depressione, oggi la chiamano depressione, è la morte dell’anima. Tante volte per prendere in giro qualcuno diciamo: Sembra un morto che cammina. Io ero un morto che camminava. Perché ero lontano da Dio, come Caino. Avevo venduto l’anima al demonio, perché il diavolo esiste…” (Cipriani 2003: 55).

Dunque Mimmo fa ricorso a dei riferimenti opposti fra loro: angelo e demonio, che probabilmente fanno parte del suo bagaglio catechistico. L’applicazione e l’elaborazione sono però frutto delle sue riflessioni: “Io avevo paura di avvicinarmi a Dio perché sapevo che ero un peccatore, lui invece dice: No, nessuno ti farà del male, perché tu appartieni a me” (Cipriani 2003: 55). Ma poi ritorna in campo la tentazione diabolica: “Allora qual è la cosa più grande e più bella? Andare a vedere Dio. Dice: Ma tu sei pronto a morire, che parli così? No, io non voglio morire, ma il momento della morte è la prova più grande, per la fede. Non importa che uno dica: io ci credo – tutto quello che vuoi, ma il momento che stai per morire è il momento della verità. Perché è lì che ti aspetta il diavolo, in quel momento. Sai perché il diavolo ci aspetta tutti in quel momento? Perché il diavolo ha aspettato Gesù Cristo in quel momento, ti ricordi le tentazioni nel deserto? Alla fine delle tentazioni, il diavolo ha visto che non ha avuto il sopravvento, allora dice la Scrittura che il demonio se n’è andato, aspettando il momento opportuno. Il momento opportuno era quando Gesù era inchiodato sulla croce. E tutte le persone che gli passavano davanti gli dicevano: se sei Dio, scendi dalla croce. Te lo ricordi no? E quello era il demonio, che diceva: Tu non scendi dalla croce perché non sei Dio, Dio non esiste. Il demonio tutti ci aspetta in quel momento” (Cipriani 2003: 55).

Questo discorso del pellegrino Mimmo oscilla tra un approccio teologico ed un taglio socio-psicologico, lungo un difficile equilibrio fra esplicitazione dell’esperienza vissuta e motivazione delle scelte operate. Ma resta comunque una prova palese di quanto la problematica bene-male, attraversata dalla polarizzazione tra la figura dell’angelo (rappresentata dal mendicante) e quella del demonio (celato sotto le mentite spoglie delle pasticche), sia ancora largamente presente nel vissuto contemporaneo, anche al di là delle sue caratterizzazioni post-secolari.

Angeli post-secolari

Se anche vi fosse, in epoca contemporanea, una nuova ventata iconoclastica volta a far scomparire tutte le rappresentazioni angeliche, l’impresa non sarebbe per nulla facile, anzi apparirebbe subito impraticabile, tale è il numero di presenze – ad ogni livello culturale – delle figure di angeli, che si ritrovano sui portali delle chiese, sugli stemmi non solo religiosi ma pure laici, nei dipinti di ogni epoca e stile, nelle sculture, nei racconti, nei romanzi (Matino 2006), nella poesia, nella produzione cinematografica (Pisarra s. d.) ed in quella televisiva. Quasi non passa giorno che non si incontri anche nei posti meno prevedibili qualche segno di matrice angelica.

La mia stessa esperienza personale non si sottrae a questa costante: abito a Roma a Borgo Angelico, in prossimità di quella che era un tempo la Porta Angelica e non lontano dal luogo dove sorgeva la demolita chiesa di Sant’Angelo ai Corridori ed a due passi da Castel Sant’Angelo, nonché da Ponte Sant’Angelo (il cui primo progetto fu dell’architetto Angelo Vescovali). Nel palazzo dove abito è collocata una lapide del 1563 che proviene dalle mura (in parte demolite a fine ’800) fatte erigere da Angelo Medici, ovvero il papa Pio IV che pontificò dal 1559 al 1565 e da cui prese il nome Porta Angelica. I resti di quest’ultima sono incastonati lungo le mura vaticane e presentano due angeli, lo stemma di Pio IV ed un’iscrizione in latino: angelis suis mandavit de te ut custodiant te in omnibus viis tuis (diede ordine per te ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi), che riprende il versetto 11 del salmo 91.

Nella Bibbia, invero, le citazioni relative agli angeli non sono particolarmente numerose, soprattutto nel Vecchio Testamento: un Angelo del Signore parla alla serva Agar per annunciarle la nascita di Ismaele da lei e da Abramo (Genesi, 16, 7-12), gli Angeli di Dio scendono e salgono lungo la scala posta fra cielo e terra (Genesi 28, 12), un altro Angelo del Signore rimprovera il popolo uscito dall’Egitto di non aver ascoltato la voce divina (Giudici 2, 1-4), un Vigilante invita a tagliare un albero ma lasciando il ceppo e poi l’Angelo Gabriele appare a Daniele (Daniele 4, 10-14; 10, 5-21 e seguenti), l’angelo Rafael compare a Tobia, conforta Tobith e si rivela come uno dei sette angeli (Tobia 5, 4-8, 10-21; 12, 6-22).

Già queste poche citazioni evidenziano le peculiarità angeliche: annunciano e mediano fra gli uomini e Dio. Sono di aiuto per gli esseri umani. Intervengono in modo delicato, quasi impercettibile. Non sempre si fanno riconoscere subito, ma aspettano che i loro interlocutori terrestri capiscano un po’ per volta quanto sta avvenendo e con chi hanno a che fare.

Ebbene tutti questi caratteri si ritrovano in modo puntuale in quasi tutte le rappresentazioni post-secolari degli angeli: dall’immaginario infantile ed adulto alle espressioni diffuse della religiosità popolare, dai testi letterari (Brown 2000) alle sceneggiature cinematografiche, dalle elaborazioni artistiche alle visioni futuristiche, ai saggi critici (Devereux 1998, Garrett 1995, Kreeft 1995).

Una ricerca effettuata con il motore di Google agli inizi di settembre del 2006 mostra che sono accessibili circa 178.000.000 di documenti che parlano di angeli, a vario titolo. Per avere un termine di paragone si può fare il confronto con quanto rilevato in pari tempo per la voce “diavoli”, per la quale i rinvii disponibili sono abbastanza meno numerosi giacché assommano a quasi 78.000.000. Dunque contrariamente a quanto si crede comunemente si direbbe che nel mondo contemporaneo la figura angelica sia più popolare di quella diabolica o comunque più presente, al di là delle forme e dei significati che l’accompagnano.

Avventurarsi lungo gli innumerevoli meandri che riconducono al lemma angelo non è impresa di poco conto. Ci si deve limitare a qualche sondaggio, a qualche indizio, a qualche segnale di massima.

Un primo fenomeno a carattere globale è dato dal diffondersi dell’harrypotterismo, cioè di quella serie di films e di romanzi di fantasia che tanto affascinano i minori come pure gli adulti alla ricerca di alternative spirituali, una sorta di sostituti funzionali delle figure religiose tradizionali, ivi comprese quelle angeliche. A tal proposito si è anche ipotizzato che appunto il fondamentalismo con i suoi proclami sull’azione distruttiva del demonio non ha fatto altro che spingere verso altre soluzioni religiose, più o meno affini alle confessioni storiche. Questa tesi è alla base di un’analisi condotta mediante oltre 250 interviste in profondità a giovani e loro familiari: ne è autrice Lynn Schofield Clark, docente nell’Università del Colorado. Il titolo è quanto mai eloquente: From Angels to Aliens. Teenagers, the Media, and the Supernatural (Dagli angeli agli alieni. Teenagers, media e soprannaturale) e valuta l’impatto sui minori di uno spettacolo televisivo dal titolo Touched by an Angel, rilevando la presenza di un legame con il mondo dei trapassati e con i simboli che hanno un significato per le persone orientate spiritualmente, anche indipendentemente dalla loro appartenenza ad una denominazione religiosa. Insomma il richiamo degli angeli è attraente quasi per tutti.

Un tale interesse è testimoniato altresì dall’offerta di corsi universitari su temi come “Gli angeli attraverso le culture”, insegnamento attivato per il periodo 2006-2008 presso l’Università dello Iowa per parlare dello “studio della persistente credenza negli angeli ed in figure simil-angeliche, esseri sovrumani in differenti culture e religioni, e dell’esame delle dinamiche della religione popolare”. Quest’ultima espressione va però contestualizzata nell’ambito nord-americano in quanto non ha nulla a che vedere con la cosiddetta religiosità popolare, la quale è ben diffusa nel cattolicesimo ed in altre religioni universali. Essa si manifesta come espressione del modo di sentire e percepire il rapporto con la divinità da parte di gruppi di persone solitamente non del tutto allineate con le forme ufficiali della religione (si pensi ai riti organizzati localmente in occasione della settimana santa o ad altri vissuti tipici di religioni orientali, in cui la prassi abituale come costume plurisecolare tramandato di generazione in generazione ha sviluppato cerimonie e preghiere, consuetudini e modelli, non sempre promossi ed accettati dalle strutture religiose ufficiali, nel buddismo come nello scintoismo, ad esempio).

Un contributo non secondario alla popolarizzazione degli angeli è venuto dal fenomeno sociologico contemporaneo che va sotto il nome di New Age, in riferimento alla cosiddetta “Età dell’Acquario”, un complesso insieme di nuovi movimenti religiosi che abbracciano interessi diversi: dalle forme pagane tipiche della religione delle divinità femminili alla stregoneria della Wicca (appunto da wicca, stregone in lingua anglo-sassone antica, nonché da witches, streghe, e witchcraft, stregoneria). Il carattere principale di New Age è probabilmente l’innovazione, nel senso di una ricerca di modelli spirituali alternativi, da promuovere attraverso l’immaginazione attiva e la visualizzazione creativa, che pone attenzione ai messaggi di provenienza extraumana e cerca le espressioni dell’energia che regge l’universo. Proprio questi aspetti favoriscono in qualche modo l’attenzione per il mondo extraterrestre e dunque per i suoi possibili messaggeri.

Racconti su contatti con intelligenze extraterrestri, cui si attribuiscono annunci a carattere spiritualista, apocalittico e millenarista, rimandano sia agli UFO che ai flying saucer cults (culti del disco volante) ma anche a New Age ed alla dottrina dell’Heaven’s Gate (Porta del Cielo) che ha portato nel 1997 al suicidio di massa del Rancho Santa Fe in California (dopo l’inutile attesa dell’arrivo dei dischi volanti che avrebbero portato i membri della comunità su un altro pianeta per salvarli dalla prevista distruzione della terra).

Rientra in questo novero di culti la credenza corrente che ci siano contatti con altri mondi: alcuni sostengono di averli visitati, di aver avuto contatti con gli alieni e che questi ultimi vivono tra gli esseri umani. Tali modi di pensare e di credere non possono non derivare, almeno in qualche misura, dalle stesse dottrine cristiane, proprio in relazione alle figure angeliche.

In effetti si attribuisce anche una finalità salvifica agli stessi alieni ed alla loro tecnologia avanzata. Ad esempio, non si diversifica molto da questa concezione il movimento (soprattutto francese) dei Raeliani, così chiamati dal nome del fondatore Rael: essi ritengono che la salvezza provenga dagli alieni e dalla loro scienza progredita rispetto a quella umana. Anche il movimento del Solar Temple (Tempio Solare) ha sostenuto che sia possibile raggiungere l’immortalità mediante la connessione con gli esseri dello spazio, magari anche attraverso il suicidio (come di fatto è avvenuto).

In genere questi movimenti ritengono che i rapporti con gli alieni servano a diffondere ideali di saggezza, grazie ai messaggi provenienti da esseri superiori. Non mancano, per di più, gruppi di cristiani credenti negli UFO, con la convinzione che si tratti di angeli e di altre guide celesti in grado di aiutare gli esseri viventi nella loro lotta contro l’Anticristo di cui si parla nell’Apocalisse. Al contrario altri gruppi cristiani vedono proprio negli UFO un anticipo dell’Apocalisse.

Il ritorno degli angeli

Specialmente alla fine del millennio scorso vi è stata tutta una ripresa di credenze e comportamenti correlati agli angeli. Non si è trattato solo di una moda momentanea ma di un evento a lunga gittata i cui effetti sono visibili tuttora. I sondaggi evidenziano un grande interesse per tali creature celesti. Anche l’industria culturale se n’è accorta e promuove iniziative e manifestazioni incentrate sui messaggeri divini. Qualche tempo fa, grazie ad un artificio di luci sapienti e suadenti voci registrate, si è riusciti pure a far parlare le statue di angeli che sormontano il ponte Sant’Angelo a Roma.

Joan Wester Anderson (1993, 1996, 2004) e Sophy Burnham (1990, 2004) hanno avuto molta fortuna con le loro opere sugli angeli, veri e propri best-sellers che si fondano su racconti relativi a storie di incontri tra persone umane ed angeliche. Va notato che le date iniziali di pubblicazione dei loro testi corrispondono al periodo della moda corrente sugli angeli ma è significativo che anche a distanza di più di un decennio si sia pensato ora ad editare dei libri di aggiornamento, immaginando una buona ricettività del mercato dei potenziali lettori.

L’attenzione prestata alle realtà angeliche sembra sopravanzare pure la stessa credenza in Dio, più o meno costante nel tempo o in calo in alcuni contesti nazionali (Zuckerman 2005). Non è un caso che Angels on Earth (Angeli sulla terra) sia un magazine di larga tiratura e con oltre mille dichiarazioni mensili di gente che ritiene di aver vissuto esperienze di contatti con angeli, con messaggeri alati. Un altro esempio significativo è dato dal romanzo grafico Angel Sanctuary (Santuario dell’angelo) che narra di un angelo reincarnato il quale ama sua sorella e dunque affronta problemi di contrasto fra il bene ed il male: ne è autore Kaori Yuki, di origine giapponese, che riprende dal suo contesto culturale socio-religioso l’idea della reincarnazione, poi trasferita in un ambito cristiano.

Il fatto è che l’angelo è un personaggio il quale attraversa varie culture e religioni. In campo ebraico, per esempio, i riferimenti agli angeli sono copiosi, come prova la documentata analisi di Margolies (2000), che studia il posto da loro occupato sia nella vita individuale e sociale sia nella letteratura di matrice ebrea. In ebraico l’angelo è detto mal’āk, in arabo malak con plurale malā’ika. Inoltre l’ebraico shalom e l’arabo islam hanno la medesima radice linguistica. I punti di convergenza sono evidenti, come hanno ben descritto, fra gli altri, Gisela Webb (2002), autrice della voce “angeli” nell’Encyclopedia of Qur’an (Enciclopedia del Corano), e Jeffrey Lang (1997), autore di un volume sull’angelismo islamico. Occorre ricordare che nell’Islam si ritrovano come figure angeliche Gabriele (che si presenta a Maometto), Michele, ‘Azrā’il e Isrāfīl. Infine tra i lavori più rigorosi ed affidabili sul piano scientifico va segnalato lo studio di Armand Mauss (1994) sui mormoni e gli angeli.

Il fascino angelico diventa anche occasione per la pratica di terapie psicoanalitiche. Esiste infatti una Angel Therapy (Terapia dell’angelo), che offre la possibilità di intraprendere pratiche religiose non usuali e comunque alternative a quelle tipiche delle strutture religiose tradizionali.

Per completare il quadro si può indicare altresì la realizzazione di The Angel Museum (Il museo dell’angelo) aperto nel 1998 negli Stati Uniti, presso un’ex chiesa cattolica a Beloit nel Wisconsin, dove sono esposti quasi quindicimila oggetti che rappresentano gli angeli, con materiali vari ed in pose diverse (ivi compresi alcuni angioletti che suonano e giocano insieme con i demoni).

Con una finalità più direttamente commerciale è sorto un sito web – intitolato Angel Haven (Porto dell’angelo) – che vende prodotti di ogni tipo raffiguranti angeli: figurine, gioielli (pure in oro od argento), monete, anelli, orologi, cammei, accessori automobilistici, libri, opere d’arte, braccialetti, collane, orecchini. Sul sito si può anche “chattare”, pregare, inviare lettere, partecipare ad un forum. La pagina iniziale invita subito l’utente ad indicare la sua data di nascita, in modo da fargli scoprire quale arcangelo gli sia stato assegnato nel giorno della propria nascita. Gli arcangeli che vengono indicati non si limitano a Gabriele, Michele e Raffaele ma ne comprendono altri, per esempio Uriele, cioè fuoco di Dio, detto anche arcangelo della salvezza. Ad ogni arcangelo sono attribuiti un ordine celeste, un colore, un pianeta, uno dei sensi, una fragranza, un olio, un incenso, un cristallo, una lezione di vita. Esiste per di più una cassetta intitolata Angelic Visions (Visioni angeliche), contenente una sorta di meditazione per favorire l’incontro con il proprio angelo custode e per ottenere la sua benedizione. Giova ricordare che secondo lo Pseudo-Dionigi Areopagita si contano ben tre ordini angelici suddivisi ciascuno in tre cori: serafini con sei ali, cherubini con quattro ali, troni con ruote di fuoco alate e occhiute; dominazioni, virtù, potenze; principati, arcangeli, angeli. Di solito l’arcangelo Michele è colui che pesa le anime, Raffaele appare come pellegrino con bastone e con il pesce come simbolo, Gabriele è raffigurato con lo scettro e con un ramo d’ulivo. Molto ricco è infine il sito Angels on the Web (Angeli sul web) che fra l’altro presenta un migliaio di foto sugli angeli e pubblicizza The Circle of Raphael con “i talismani più efficaci del mondo”, garantiti e fabbricati in Gran Bretagna.

Sul versante cattolico, per il 2007 il più diffuso calendario popolar-religioso italiano, quello detto di Frate Indovino, dedica tutti i mesi dell’anno agli angeli, con immagini a colori, rubriche, lettere di bambini all’angelo custode, preghiere, poesie, insomma quasi una piccola enciclopedia divulgativa sul ruolo degli angeli.

Internet come Angelus Novus

Se c’è un luogo dove gli angeli sono straordinariamente presenti è Internet. Fra i tanti siti dedicati alle figure angeliche quello denominato www.angels-online.com raccoglie storie di incontri con angeli. Ve ne sono ben oltre duecento. E questo vuol dire molte cose. Innanzitutto si ha a che fare con un set virtuale su cui si affacciano tante potenzialità e risorse. Inoltre la caratteristica principale della corrispondenza a distanza attraverso i canali cibernetici è la facilità di accesso, praticamente aperto a tutti i possibili utenti. In tal modo chi è alla ricerca di risposte sa dove andare, che cosa interrogare, come muoversi. Ma l’interlocutore resta muto, nell’ombra, impalpabile, quasi sfuggente. E però permette di navigare, di andare da un posto all’altro, dalla terra verso il cielo e viceversa (grazie anche alla comunicazione satellitare). C’è poi la valenza centrale dei messaggi, scambiati continuamente, ad ogni ora del giorno e della notte, quasi senza differenza alcuna fra le latitudini e le longitudini del pianeta. In fondo a ben pensarci si potrebbe ipotizzare che Internet sia una sorta di Angelus Novus (Nuovo angelo) che richiama assai da vicino quello del dipinto acquistato nel 1921 da Walter Benjamin e da lui descritto: “C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è cosi forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta” (Benjamin 1962: 76-77).

Al di là di tale prospettiva negativista, quasi catastrofica, è però plausibile vedere appunto come eloquente segno del progresso la tempesta informatica costituita da Internet, con il nugolo intenso delle sue informazioni, l’ipereccedenza dei messaggi, lo spam delle pubblicità senza fine, le offerte che appaiono tanto improvvise quanto indesiderate. In pratica è la medesima situazione segnalata da Benjamin quando parlava – sin dal 1936 – dell’opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica: tutto è moltiplicabile, non più unico, perciò soggetto a perdere di valore e di significato (Benjamin 1966). Forse è anche questo che vede l’Angelus Novus, cioè un cumulo di rovine, di dati su dati, obsoleti, inutili, destinati al macero. Ogni impeto rinnovatore è però surclassato dall’avvento di nuove tecnologie, dalla necessità di stare al passo con il progresso, di non restare a guardare, ma di proseguire seguendo l’ondata del momento, la folata estemporanea.

Così la marea di vecchi computers, di vecchi testi, di un passato che si autoaccumula senza sosta, cresce a dismisura, sale verso l’alto, in grandezza ed in estensione, ma senza dire più nulla agli esseri umani.

Se però si rovescia la prospettiva anche la montagna di rovine può indurre a riflettere, come succede con l’Angelus Novus che è indotto ad un moto di ribellione, di reazione, sicché egli vorrebbe ridestare i morti, ovvero quelli che restano inerti e si lasciano sommergere dal cumulo di rottami. Giunge tuttavia proprio dal paradiso una spinta ad andare oltre, a non soffermarsi. L’angelo non può arrestarsi giacché le sue ali non riescono a richiudersi. Egli è costretto a proseguire verso il futuro, ma lo fa dando le spalle a ciò che verrà, probabilmente temendo nuove catastrofi, peggiori delle precedenti, alle quali nondimeno continua a guardare con commiserazione.

C’è tuttavia un’espressione che conviene riprendere e comprendere: “il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo”. Si tratta di un tentativo magari inconsapevole di riunire cielo e terra? Comunque è evidente nell’angelo una forte pietas, che è compassione, condivisione, disappunto, desiderio di cambiamento: nello stesso tempo pietà quasi umana e sentimento religioso, amore verso quanto si ama. La congerie di miserie e lutti, disastri e massacri, sembra esprimere un desiderio irrefrenabile di cielo, un’istanza forse soprannaturale.

Si può intravedere nella figura dell’angelo con lo sguardo rivolto verso le macerie un tentativo di sintesi fra potenzialità ed atto, fra intenzione di agire ed agire vero e proprio, fra tempo liturgico dell’Avvento e tempo natalizio dell’Evento. E qui il nesso fra male e bene risalta chiaramente: dalle rovine si passa alla salvezza, dal passato al futuro. Le macerie producono una nuova nascita, una rinascita, una redenzione.

Un’ultima interpretazione è possibile, oltre le tante già suggerite (Rutigliano 1981, Cacciari 1992, Moses 1993). Se l’Angelus Novus si lascia andare al vento del progresso vuol dire che non ha la possibilità di opporvisi. Del resto è dal paradiso che giunge il soffio motore. Ed allora pure la vastissima rete di innovazioni introdotte da Internet potrebbe leggersi come nuova tessitura ordita in forma moderna per trasmettere messaggi. Il neo-annunciatore, il novello messaggero, ha dinanzi a sé varie opzioni: rimanere fedele alla sua origine di latore del bene o passare dall’altra parte. In realtà il conflitto fra bene e male, angelo e diavolo, è in gran parte qui. Lo strumento è dato: molto dipende dall’uso che se ne fa.

Ovviamente tutte queste proposte ermeneutiche partono dalla suggestione di Benjamin. Una lettura più semplice si limiterebbe ad enfatizzare la sola novità stilistica della rappresentazione angelica, senza le implicazioni che farebbero altresì appaiare l’Angelus Novus di Klee a L’urlo di Munch.

Conclusione

Indubbiamente le mutazioni intervenute negli ultimi decenni hanno accelerato molti processi socio-culturali già in atto. Sull’abbrivo delle trasformazioni già realizzate e sulla spinta di quelle ancora in corso anche la percezione dell’angelo ha subito modifiche ed aggiustamenti talora distanti dai canoni ufficiali delle chiese e delle religioni (ebraica, cristiana cattolica ed ortodossa, islamica).

In merito a tali rivisitazioni è stato osservato che vi sono varie implicazioni sociologiche nella teologia (Flanagan 2001: 433) e che d’altra parte si rilevano molte tracce di teologia sia nei padri fondatori della sociologia, soprattutto in Simmel ma pure in Weber. Ancor oggi quando un sociologo, non necessariamente specialista in religione, deve usare metafore emblematiche fa ricorso al glossario teologico. Basti ricordare ancora una volta il caso di Peter Berger (1969) con il suo A Rumor of Angels. Proprio quest’ultimo autore è tornato ad interessarsi di teologia dell’al di là parlando di una redenzione che passa attraverso il sorriso e la comicità, perché l’umorismo relativizza l’esistenza umana e fa pensare ad una soluzione finale a carattere metafisico. In altre parole c’è un nesso evidente, secondo Berger, fra humour e trascendenza, come ha brillantemente sostenuto in un saggio più recente (Berger 1997).

Si assiste dunque ad uno slittamento della sociologia verso la teologia o comunque ad un ritorno alle origini. L’eco è qui weberiana, come ricorda Flanagan (2001: 442): il sociologo è come una sentinella che cerca Dio “sul terreno della cultura, anche tra i frammenti della postmodernità”.

Giustamente si obietta che quella di Weber è un’illusione, in quanto la chiesa non aspetta certo a braccia aperte il ritorno del sociologo, avendo già tutta una schiera di teologi coinvolti nello studio della religione ma poco disponibili nei riguardi della sociologia, di cui hanno fatto a meno per lungo tempo.

Flanagan va ancora più a fondo e scrive: “gli articoli di fede possono sembrare immuni da interventi sociologici. Tuttavia, uno trova continuamente riordinato l’insegnamento sugli angeli. In una generazione, afflitta dalla fissazione della sofisticazione scientifica, credono troppo poco, così da mettere da parte gli angeli; ma in un altro momento gli angeli sono tenuti nell’armadio, per cui parecchi vogliono credere in tutte le forme angeliche, giacché sono influenzati fortemente dalle religioni New Age. La teologia ha i suoi stratagemmi su che cosa mostrare o che cosa accantonare, a seconda di quello che le rappresentazioni culturali dell’epoca possono essere in grado di convalidare o meno. In tutto ciò consiste una sociologia della ricezione, con il compito di ricontestualizzare i messaggi religiosi, che una volta risistemati consentono di ammettere gli assunti teologici su ciò che è credibile e su ciò che non lo è”.

L’accusa diventa pesante: i teologi si muovono nella postmodernità con una totale cecità sociologica. Però essi, alla pari dei sociologi, sembrerebbero preferire adattarsi alla moda del momento, a ciò che funziona. E d’altro canto i sociologi non possono presumere di avere una posizione privilegiata, ovvero l’esclusività di scelta su ciò che va bene per la società post-secolare.

La conclusione di Flanagan è alquanto evocativa. Egli non riprende il brusio degli angeli, di matrice bergeriana, ma usa una metafora basata sui suoni, quelli per esempio delle voci che cantano l’Agnus Dei in una cattedrale: l’eco del canto rammenta la bellezza del tempio. La sentinella-sociologo si scosta dalle rovine della post-modernità – alla pari dell’Angelus Novus (di Klee, reinterpretato da Benjamin) che si allontana dai rottami ai suoi piedi –, tuttavia la cattedrale rimane ancora lì, può essere visitata; ed il coro può ancora cantare e proporre visioni spirituali, forse anche di angeli.

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