INFORMAZIONE, TECNOLOGIA E CONOSCENZA SOCIOLOGICA

Roberto Cipriani


Premessa


                Se oggi Peter Berger e Thomas Luckmann fossero chiamati a riscrivere o almeno ad aggiornare il loro testo classico The Social Construction of Reality (Garden City, New York, Doubleday, 1966, tradotto nel 1969 in italiano per i tipi bolognesi de il Mulino con il titolo improprio di La realtà come costruzione sociale) dovrebbero dedicare almeno un nuovo capitolo al ruolo dell’impatto che l’informatica ha cominciato a far registrare a partire dagli anni Ottanta.


                Resterebbe tuttavia ancora valida la prospettiva legata al ruolo della vita quotidiana come tool attraverso il quale passa gran parte della socializzazione e della legittimazione. In effetti oggi uno spazio cospicuo della giornata di molti soggetti è occupato dal lavoro al computer. Si pensi ad esempio al tempo impiegato nel disbrigo della posta elettronica da leggere e scrivere, da ricevere e da inviare, con tutti i problemi legati ad una tecnologia di avanguardia ma complessa e dunque soggetta a numerose défaillances.


                È sotto gli occhi di tutti il mutamento epocale che ha avuto luogo nel sistema della corrispondenza. Fino a qualche tempo fa il ricevere ed il spedire lettere erano delle attività supplementari nella routine quotidiana. Se scrivere una missiva comportava l’impiego di una certa quota oraria della giornata nondimeno si trattava di uno o pochi testi ogni giorno (per i soggetti più “gettonati”). Il che induceva anche a fare una selezione particolare delle lettere da scrivere o meno. Ora invece con la facilità dell’invio e della ricezione consentiti da Internet si è di fronte ad un incremento ossessivo di messaggi di ogni genere e di varia provenienza. I testi – è vero – sono piuttosto brevi ma il loro numero è esorbitante e spesso risulta duplicato per qualche difetto di procedura e/o di trasmissione. Il risultato è che la numerosità delle informazioni in circolazione è inversamente proporzionale alla loro qualità ed alla loro utilità. Solo di rado si ha motivo di apprezzare il vantaggio dell’innovazione in questo campo. Peraltro se la velocità appare un atout vincente non è detto che ciò abbia luogo in ogni caso. Anzi proprio quello che serve con maggiore urgenza a volte resta impigliato nelle maglie del server e giunge con ritardo rispetto alla scadenza prevista.


                Ecco dunque che l’e-mail è un secondo “ospite fisso” che si aggiunge a quello televisivo. La sua “invadenza” è ancora più cogente di quella di un telegiornale di prima serata. In effetti rimane sempre il dubbio che in arrivo sul proprio computer vi possa essere qualcosa di importante, di stretto interesse personale. Tale motivazione riguarda invece assai meno il video televisivo.


La cogenza della ripetitività e dell’estraniamento


                Hanno ragione Berger e Luckmann quando invitano a riflettere sul peso dei comportamenti fissi ripresi ogni giorno ed anche più volte in un giorno. Sono essi che – lentamente e senza una particolare consapevolezza da parte nostra – colonizzano habermasianamente i nostri spazi  esistenziali. Ogni giorno (ma soprattutto ogni notte) apriamo il nostro Outlook di posta elettronica o il nostro Explorer o Netscape di navigazione su Internet, estraniandoci dal contesto domestico.


                Tale “effetto estraniamento” dalla famiglia concerne i genitori, soprattutto i padri, che dedicano gran parte del loro tempo in casa ed in famiglia ad esplorare i siti di Internet od a leggere e/o scrivere posta elettronica, magari per completare o preparare il lavoro di ufficio. La già scarsa risorsa tempo si riduce quindi ancor più a danno delle relazioni intrafamiliari. I figli vengono infatti privati delle occasioni di scambio affettivo, di rapporto intergenerazionale. Spesso quasi tutto si riduce ad un rapido, formale saluto. Per non dire, infine, dei problemi che possono nascere da qualche inconveniente di funzionamento dell’hardware o del software in uso. Il nervosismo per un lavoro rimasto in sospeso, per una scadenza che rischia di non essere rispettata, si riverbera sul contesto familiare, rende difficile l’interazione, mette vieppiù a rischio la tenuta dei legami interpersonali.


L’effetto estraniamento dalla famiglia derivante dalla televisione non è molto diverso dal precedente, ma in questo caso le madri sono coinvolte in misura non certo trascurabile. Soprattutto se esse sono anche impegnate in attività di lavoro al di fuori dell’abitazione reputano giusto – una volta tornate a casa – potersi riposare e “distendere” con il seguire in tivù uno spettacolo od un film. E magari il programma non è quello che preferirebbe il suo bambino o la sua bambina. Naturalmente si deve pure considerare che anche i minori hanno spesso un loro televisore in camera. Ma questo non fa che accentuare il distacco tra loro e gli adulti di riferimento. Insomma la presenza dello strumento televisivo fa segnare di per sé un punto a sfavore della tenuta affettiva dell’ambito familiare. Pur senza voler demonizzare i nuovi mezzi messi a disposizione dalla tecnologia moderna è evidente che la socializzazione di un bambino non può essere totalmente affidata alla televisione. D’altra parte l’affettività ha ben altri terreni su cui possa essere coltivata, con una relazione più diretta a livello umano. Nel frattempo però l’aumento dell’offerta televisiva che non è più solo generalista (con ogni genere di programmazione) ma anche tematica (solo sport, solo musica e così via) tende ad occupare ogni spazio residuo dell’universo familiare. Se poi si aggiungono le possibilità ulteriori legate alla televisione satellitare, alla tivù a pagamento ed alle cassette in VHS si comprende bene a quale assedio massmediatico sia sottoposto il nucleo familiare. Così il televisore diventa un rifugio per bambini poco curati dai loro genitori e la pubblicità eccessiva di alcuni canali commerciali orienta pesantemente i gusti ed i desideri del bimbo consumatore. Ma soprattutto il fanciullo è costretto ad autogestire, senza alcun indirizzo preliminare, le sue opzioni a tutto campo, con accesso illimitato ad ogni tipo di immagine e di contenuto, in assenza totale di adulti.


Francesco Casetti (curatore del volume L’ospite fisso. Televisione e mass media nelle famiglie italiane, 1995, pp. 21-30) ha già ben delineato i caratteri di un certo consumo televisivo che si diversifica come “giornale”, “chiacchiera”, “stadio”, da cui dipendono i “consumi mediali”. “La televisione entra liberamente in casa… Solo il calcolo del tempo da spendere davanti al video può creare qualche remora”. La famiglia può anche far da filtro alla televisione, ma non sempre vi riesce. Qualche volta se ne serve come pretesto per un’interazione fra i membri del nucleo familiare. Ma in definitiva prevalgono gli “stili ricorrenti”. Insomma c’è un modello di uso della televisione che rispetta cadenze e modalità ripetitive (ciò vale sia per i canali che per il genere di trasmissioni).   


Forse anche per questo l’obiettivo dell’ente pubblico radiotelevisivo – come ha sostenuto pubblicamente lo stesso presidente della Radiotelevisione italiana – non è quello di fare programmi migliori ma di entrare in Borsa con RAI New Media. Il che la dice lunga anche sulle intenzioni reali dei gestori pubblici, che non si pongono affatto il problema di riuscire a contemperare esigenze di mercato ed istanze formative.


Il mix fra scienza e tecnologia


                Solitamente si è indotti a ritenere che la scienza ponga le basi per lo sviluppo della tecnologia. In realtà molti ritrovati delle più recenti applicazioni non derivano da procedure classiche di approccio scientifico. Più spesso sono le spinte necessitanti del mercato e della concorrenza che inducono ad accelerare i tempi di sperimentazione di una nuova tecnica, di un nuovo strumento, di un marchingegno che consenta di far meglio degli avversari, di superarli in affidabilità, diventando più appetibili fra i consumatori, raggiungendo così degli obiettivi di mera natura economica a livello immediato.


                La tecnologia sembra correre troppo in avanti rispetto alla scienza pura, ma anche rispetto a quella applicata. In fondo basta un meccanico piuttosto esperto per suggerire soluzioni vincenti che uno studioso di laboratorio farebbe fatica e soprattutto impiegherebbe più tempo a costruire, verificare, sottoporre a prove estreme.


                Questo divario fra scienza e tecnologia ripercorre la stessa traiettoria della divisione fra uguaglianza e rispetto dei soggetti individuali da una parte ed esigenze commerciali dall’altra. In fondo la macdonaldizzazione delle società contemporanee risponde a questi medesimi criteri di privilegiamento del profitto ad ogni costo.


                Come sostiene George Ritzer (in The McDonaldization of Society. An Investigation Into the Changing Character of Contemporary Social Life, Pine Forge Press, Thousand Oaks-London-New Delhi, 1993, pp. 16-17) il fenomeno McDonald’s sta allargandosi in misura allarmante ed investe molti settori delle nostre società attuali.


Ritzer da scienziato sociale studia la dinamica degli eventi in corso, mettendo in evidenza che il processo di macdonaldizzazione segue un percorso che fa leva essenzialmente sulla tecnologia. Infatti i capisaldi della razionalizzazione in atto sono l’efficienza, la calcolabilità, la prevedibilità ed il controllo assoluto di ogni operazione, passando – fin dove possibile – ad una sostituzione completa del personale umano con tecnologie non umane. Però il risultato finale che si registra – sulla scorta delle convincenti prove addotte dal sociologo dell’università del Maryland – è una sorta di paradosso della razionalizzazione, cioè l’irrazionalità della razionalità.


                A fronte di tale andamento la scienza del sociale non riesce a far altro che mettere in evidenza la disumanizzazione in atto, che cresce insieme con il livello della razionalizzazione. Insomma la ragione tecnologica fa agio su quella umana. E la scienza, disarmata e sconfitta, resta a guardare. Ma forse può ancora escogitare delle contromisure che impediscano una macdonaldizzazione totale.